A Beirut, in Libano, nel quartiere popolare di Nabaa, esiste una fraternità da moltissimi anni. Con i cambiamenti e l’arrivo di nuovi fratelli, la vita fraterna è sempre da costruire.
Roger ce lo spiega.
Ho la fortuna di vivere con dei fratelli più giovani di me, che sono ancora in età lavorativa e che hanno moltissime relazioni con la gente. Due di loro, Bertrand e Pierre-Yves, parlano facilmente e alla sera ci raccontano ciò che hanno fatto nella giornata e i vari incontri avuti. Spesso è appassionante perché si vede che sono dei fratelli che si trovano a loro agio, dando il meglio di sé e contenti del loro lavoro. Per me, che non esco quasi più, è una vera fortuna; mi piace ascoltarli, tanto più che parlano ad alta voce ed io li sento bene.
Con il nostro terzo fratello al lavoro, le occasioni per parlare sono più rare. Lluis rientra tardi la sera, molto dopo la cena, e non ha tanta voglia di parlare! Quando però lo fa, ci trasporta nella sua fattoria in montagna parlando con passione degli ultimi nati della sua stalla. Gli piacerebbe che anche noi avessimo lo stesso interesse per i gatti ed i piccioni del quartiere, ma il nostro cuore è duro e senza pietà…!
Quando i tre sono a lavoro, anche noi due che siamo in pensione abbiamo il nostro da fare con le occupazioni domestiche o con altre attività. Quando Pascal non è in cucina o a lavare i panni, lo vedo a leggere e meditare con assiduità i salmi in arabo o dei testi della liturgia maronita, mentre io mi avventuro a leggere il Corano con l’aiuto dei libri di Michel Cuypers. Garantiamo anche una presenza per accogliere chi bussa alla porta della fraternità, persone in difficoltà che cercano la nostra amicizia o anche qualche moneta, un amico rifugiato siriano che viene a passare un momento con noi per ingannare l’attesa del visto che dovrà portarlo in Canada con la sua famiglia. Ci sono i vicini del 5° piano che depositano alcune cose da noi dato che il palazzo dove abitiamo non ha l’ascensore; la hajjé del piano di sopra (una vicina che ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca) che ci porta dei “manaqich” al timo o delle olive dell’ultimo raccolto nel suo villaggio del Sud. C’è stata anche la visita-lampo di un prete della parrocchia che è venuto col suo aspersorio per benedire il nostro appartamento ed ha recitato due versetti del salmo 50. È un’usanza che si fa qui, subito dopo la festa del Battesimo di Gesù.
L’attuale fraternità avrà ben presto tre anni. Si è formata in diverse tappe. Bertrand e il sottoscritto vivevamo insieme da 24 anni quando Pascal è arrivato dal Pakistan. Lluis ci ha raggiunti quattro anni fa venendo da Taalabaya (l’altra fraternità del Libano dove era rimasto solo) e Pierre-Yves ha lasciato Damasco tre anni fa. Ora è una fraternità di cinque fratelli; per me è una grande sfida! Ho avuto un momento di dubbio e qualche apprensione, adesso però sento una profonda gioia in questo vivere-insieme che, tra l’altro, mi dà anche la sicurezza di cui ho bisogno.
È un’avventura dura e bella allo stesso tempo. Ci sono dei giorni in cui qualcosa stride, ma Dio ci sostiene mettendo nell’ingranaggio un po’ di quel olio che profumava la barba di Aronne. La nostra comune vocazione a seguire Gesù di Nazaret, non basta per fare di noi cinque una comunità. Il pane eucaristico che ci riunisce in un solo corpo non basta neppure lui. Dobbiamo anche condividere ciò che c’è di più umano in ciascuno di noi, il nostro lato “terroso”, ciò di cui siamo impastati. Quello che abbiamo vissuto nella nostra infanzia, condiziona il comportamento di tutta la vita. Non possiamo essere eguali se siamo cresciuti in una famiglia di 3, 4, 6 o di 14 figli; in un ambiente modesto o agiato, con dei genitori oppure orfani, sani o pieni di acciacchi di salute! Ognuno ha i suoi gusti e i suoi bisogni, le proprie abitudini, i suoi doni, le sue debolezze e le sue ferite. Capisco meglio, adesso, che dobbiamo costruire la nostra fraternità di Nabaa con le nostre differenze e divergenze e soprattutto con le nostre debolezze e ferite: è questo che la rende così umana e così bella, dolce come l’olio di Aronne, fresca come la rugiada dell’Hermon (Salmo 132).
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Posted: 4 Novembre 2019 by Redazione
La Fraternità va costruita!
A Beirut, in Libano, nel quartiere popolare di Nabaa, esiste una fraternità da moltissimi anni. Con i cambiamenti e l’arrivo di nuovi fratelli, la vita fraterna è sempre da costruire.
Roger ce lo spiega.
Ho la fortuna di vivere con dei fratelli più giovani di me, che sono ancora in età lavorativa e che hanno moltissime relazioni con la gente. Due di loro, Bertrand e Pierre-Yves, parlano facilmente e alla sera ci raccontano ciò che hanno fatto nella giornata e i vari incontri avuti. Spesso è appassionante perché si vede che sono dei fratelli che si trovano a loro agio, dando il meglio di sé e contenti del loro lavoro. Per me, che non esco quasi più, è una vera fortuna; mi piace ascoltarli, tanto più che parlano ad alta voce ed io li sento bene.
Con il nostro terzo fratello al lavoro, le occasioni per parlare sono più rare. Lluis rientra tardi la sera, molto dopo la cena, e non ha tanta voglia di parlare! Quando però lo fa, ci trasporta nella sua fattoria in montagna parlando con passione degli ultimi nati della sua stalla. Gli piacerebbe che anche noi avessimo lo stesso interesse per i gatti ed i piccioni del quartiere, ma il nostro cuore è duro e senza pietà…!
Quando i tre sono a lavoro, anche noi due che siamo in pensione abbiamo il nostro da fare con le occupazioni domestiche o con altre attività. Quando Pascal non è in cucina o a lavare i panni, lo vedo a leggere e meditare con assiduità i salmi in arabo o dei testi della liturgia maronita, mentre io mi avventuro a leggere il Corano con l’aiuto dei libri di Michel Cuypers. Garantiamo anche una presenza per accogliere chi bussa alla porta della fraternità, persone in difficoltà che cercano la nostra amicizia o anche qualche moneta, un amico rifugiato siriano che viene a passare un momento con noi per ingannare l’attesa del visto che dovrà portarlo in Canada con la sua famiglia. Ci sono i vicini del 5° piano che depositano alcune cose da noi dato che il palazzo dove abitiamo non ha l’ascensore; la hajjé del piano di sopra (una vicina che ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca) che ci porta dei “manaqich” al timo o delle olive dell’ultimo raccolto nel suo villaggio del Sud. C’è stata anche la visita-lampo di un prete della parrocchia che è venuto col suo aspersorio per benedire il nostro appartamento ed ha recitato due versetti del salmo 50. È un’usanza che si fa qui, subito dopo la festa del Battesimo di Gesù.
L’attuale fraternità avrà ben presto tre anni. Si è formata in diverse tappe. Bertrand e il sottoscritto vivevamo insieme da 24 anni quando Pascal è arrivato dal Pakistan. Lluis ci ha raggiunti quattro anni fa venendo da Taalabaya (l’altra fraternità del Libano dove era rimasto solo) e Pierre-Yves ha lasciato Damasco tre anni fa. Ora è una fraternità di cinque fratelli; per me è una grande sfida! Ho avuto un momento di dubbio e qualche apprensione, adesso però sento una profonda gioia in questo vivere-insieme che, tra l’altro, mi dà anche la sicurezza di cui ho bisogno.
È un’avventura dura e bella allo stesso tempo. Ci sono dei giorni in cui qualcosa stride, ma Dio ci sostiene mettendo nell’ingranaggio un po’ di quel olio che profumava la barba di Aronne. La nostra comune vocazione a seguire Gesù di Nazaret, non basta per fare di noi cinque una comunità. Il pane eucaristico che ci riunisce in un solo corpo non basta neppure lui. Dobbiamo anche condividere ciò che c’è di più umano in ciascuno di noi, il nostro lato “terroso”, ciò di cui siamo impastati. Quello che abbiamo vissuto nella nostra infanzia, condiziona il comportamento di tutta la vita. Non possiamo essere eguali se siamo cresciuti in una famiglia di 3, 4, 6 o di 14 figli; in un ambiente modesto o agiato, con dei genitori oppure orfani, sani o pieni di acciacchi di salute! Ognuno ha i suoi gusti e i suoi bisogni, le proprie abitudini, i suoi doni, le sue debolezze e le sue ferite. Capisco meglio, adesso, che dobbiamo costruire la nostra fraternità di Nabaa con le nostre differenze e divergenze e soprattutto con le nostre debolezze e ferite: è questo che la rende così umana e così bella, dolce come l’olio di Aronne, fresca come la rugiada dell’Hermon (Salmo 132).
Roger
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