Alla ricerca di Aquila e Priscilla

Charles de Foucauld

Dalle lettere e meditazioni

[Si consiglia di vedere prima “Generalità” di questa sezione]

9 – Alla ricerca di Priscilla e Aquila

 

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 1° giugno 1908

… Penso molto ai Tuareg che meritano che ci si occupi molto particolarmente di loro, e perché sono delle nature ricche, intelligenti e vive, e perché molto poco islamizzati, sono più aperti degli altri e più facili da trasformare. Bisognerebbe istruirli e con l’istruzione, introdurre educazione e civilizzazione. Non è l’opera d’un giorno, ma più è difficile, più bisogna mettercisi in fretta e fare degli sforzi. Nello stesso tempo è tutto il Sahara al quale penso…

[Parla qui a lungo e dettagliatamente del progetto di una specie di terz’ordine di laici sotto il nome di “società” o “associazione” fatta di “Priscille dei due sessi”. Esprime successivamente l’esigenza per l’Hoggar di un uomo che vi consacri almeno quindici anni di studio della letteratura, sociologia, storia, archeologia tuareg; poi di insegnanti francesi e di una donna araba per fare imparare la tessitura; quindi di un commerciante francese onesto che venda senza fare usura; e anche di operai…].

… Mi perdoni, amatissimo Padre, se mi immischio in quel che non mi riguarda, e se oso, io, vecchio peccatore e poverissimo piccolo prete, molto giovane d’ordinazione e rimasto peccatore e miserabile, io che non sono mai arrivato a niente, che non ho potuto neppure avere un compagno, che non  ho avuto altro che desideri senza effetto, e i cui progetti di vita, costituzioni, regolamenti, non sono rimasti altro che carte inutili…, d’osare esporle i miei pensieri e di continuare a fare progetti… La mia scusa, sono queste anime che mi circondano, che si perdono, e che resteranno perpetuamente in questo stato, se non si cercano e non si prendono i mezzi d’agire efficacemente su di loro… Che occorra, in questo, agire in fretta – non con precipitazione imprudente – ma con attività e urgenza, dopo preghiera, riflessione, esame, consigli, è il semplice prezzo delle anime che valgono il sangue di GESÙ che è colato per loro.

C’è una frase della sacra Scrittura di cui dobbiamo, credo, ricordarci sempre, è che Gerusalemme è stata ricostruita nell’angoscia dei tempi (Daniele)1. Bisogna far conto di lavorare tutta la vita nell’angoscia dei tempi… Le difficoltà non sono uno stato passeggero da lasciar passare come una burrasca per metterci al lavoro quando il tempo sarà calmo; no, sono lo stato normale; bisogna far conto di stare tutta la vita, per tutte le cose buone che vogliamo fare, nell’angoscia dei tempi. C’è San Giovanni della Croce ad incoraggiarci e a dirci: “Non bisogna misurare i nostri lavori sulla nostra debolezza, ma i nostri sforzi ai nostri lavori”. E Santa Teresa aggiunge queste parole così consolanti, così vere, che si diceva a sé stessa, in una cosa intrapresa per la gloria di Dio e di successo incerto: “O Dio ne sarà glorificato, oppure io ne sarò disprezzata: nei due casi ci guadagno”. In effetti, se gli sforzi che facciamo per la salvezza delle anime restano senza successo per loro stesse, sono tanto più felici per colui che li fa, perché l’insuccesso lo rende più simile a GESÙ, così poco ascoltato, così poco seguito, così disprezzato, così disdegnato, così ingiuriato durante la sua vita.

A Dio, mio amatissimo e veneratissimo Padre2

[Mirando principalmente all’associazione laica da mettere in piedi, fratel Charles compie un primo viaggio in Francia. Parte da Tamanrasset il giorno di Natale 1908 e attraversa il deserto, si ferma ad Algeri e sbarca a Marsiglia il 17 febbraio 1909, per la prima volta dopo il 1901. Arriva a Parigi il 18 e rivede la cugina Marie dopo diciannove anni. Incontra di persona Louis Massignon3, col quale ha cominciato un’importante corrispondenza, e tra il 20 e il 21 febbraio passa con lui una notte d’adorazione nella basilica di Montmartre. Presenta quindi la prima redazione dello statuto e regolamento dell’associazione al vescovo di Viviers mons. Bonnet, che lo approva verbalmente e il 7 marzo s’imbarca per Algeri.]

All’abbé Caron 4 – Algeri, 11 marzo 1909

… Non è soltanto con doni materiali che dobbiamo lavorare alla conversione dei musulmani, è piuttosto provocando lo stabilirsi tra loro, a titolo di coltivatori, di coloni, di commercianti, d’artigiani, di proprietari terrieri, ecc., di eccellenti cristiani di tutte le condizioni, destinati ad essere dei preziosi appoggi dei missionari, ad attirare con l’esempio, la bontà, il contatto, i musulmani alla fede, e ad essere i nuclei ai quali possano aggregarsi, uno ad uno, i musulmani via via che si convertono. …Dei buoni cristiani che vivono nel mondo, la confraternita farà dei missionari laici, ne porterà ad espatriare per essere missionari laici in mezzo alle pecore più perdute, mostrando loro come convertirli è un dovere per i popoli cristiani, e quanto è bello consacrarvi la vita.

I doveri dei fratelli e delle sorelle che non sono né preti né religiosi, verso i musulmani, sono tanto più gravi in quanto possono spesso per loro più che i preti, religiosi e religiose. Più di loro, possono entrare in relazione, stringere amicizia, mescolarsi con loro, prendere contatto con loro. Visto che i musulmani hanno repulsione verso i cristiani, poiché hanno una religione che ispira loro una fede profonda, i preti, religiosi e religiose causano loro diffidenza, spesso i preti e i religiosi mancano di punti di contatto, di occasioni di mettersi in rapporto con i musulmani; inoltre la prudenza e le regole dei loro istituti impediscono loro talvolta di superare certi limiti d’intimità, di penetrare nel cuore delle famiglie, di entrare in relazioni strette. Chi vive nel mondo ha spesso, al contrario, grandi facilità per entrare in rapporti stretti con i musulmani. Le loro occupazioni: amministrazione, agricoltura, commercio, lavori di vario genere, li mettono, se vogliono, in continua relazione con loro. …Il ruolo dei fratelli e sorelle che non sono né preti né religiosi non è affatto d’istruire i musulmani sulla religione cristiana, di completare la loro conversione;  ma di prepararla facendosi stimare da loro, facendo cadere i loro pregiudizi mostrando come vivono, facendo loro conoscere, attraverso gli atti più che per le parole, la morale cristiana; di disporveli guadagnando la loro fiducia, il loro affetto, la loro familiare amicizia; in modo tale che i missionari trovino un terreno preparato, anime ben disposte, che vadano da loro spontaneamente, o verso le quali possano andare senza ostacoli. È ai fedeli dei paesi cristiani che incombe il dovere di evangelizzare i non credenti…

…La patria è l’estensione della famiglia, Dio, mettendo le persone della nostra famiglia più vicino a noi degli altri nella vita, ci ha dato dei doveri particolari verso di loro; in modo più largo, è lo stesso dei compatrioti, e di conseguenza delle colonie, che fanno parte della grande famiglia nazionale.

…La conversione dei musulmani è spesso difficilissima. Lo è soprattutto quando il governo locale vi mette degli ostacoli ed è contrario alla religione cattolica. Ciò non deve scoraggiare per niente…, al contrario, deve far lavorare con più ardore, gli ostacoli mostrando che il successo richiede più sforzo… Chiunque siano i non cristiani, non sono più difficili da convertire che i Romani e i barbari dei primi secoli del cristianesimo; per quanto possa essere opposto alla Chiesa il governo dei loro paesi, non lo è più di Nerone e dei suoi successori. Che i fratelli e sorelle abbiano lo stesso zelo delle anime, le stesse virtù dei cristiani dei primi secoli, compiano le stesse opere. Faranno, come loro, nascosti, dissimulati, furtivamente, il bene che non possono fare altrimenti. L’amore farà trovar loro i mezzi, e Gesù renderà efficaci gli sforzi che Egli ispira. Ridiciamo: “Non bisogna misurare i nostri lavori sulla nostra debolezza, ma i nostri sforzi ai nostri lavori”5. Se le difficoltà sono grandi, tanto più affrettiamoci a metterci all’opera e tanto più moltiplichiamo i nostri sforzi6

A Henry de Castries – Dalle gole di Takembaret (tra In-Salah e l’Hoggar), 29 maggio 1909

Vado a Tamanrasset, con l’intenzione di non tornare a Beni-Abbès che fra un anno e mezzo, nell’autunno 1910. Sono spaventato dai progetti a lunga scadenza; ma insomma inch Allah7. …Vado a riprendere il mio lavoro quotidiano: creare legami con i Tuareg, con gli indigeni di tutte le razze, cercando di dare loro per mezzo mio o di altri un inizio d’educazione intellettuale e morale, senza rivolgermi ai bambini ma alle persone grandi8, e lavorando pazientemente e lentamente a civilizzare materialmente, intellettualmente, moralmente… Tutto questo per condurre, Dio sa quando, forse fra secoli, al cristianesimo. Tutti gli spiriti sono fatti per la verità: ma per i Musulmani è un affare di lungo respiro. Bisogna fare di loro intellettualmente e moralmente i nostri uguali, è nostro dovere. Un popolo ha verso le sue colonie i doveri dei genitori verso i figli: rendergli con l’educazione e l’istruzione uguali o superiori a quello che sono loro stessi… L’opera è difficile e lunga: ci vorrebbero i grandi sforzi di un gran numero di persone per parecchi tempo: dove sono? Ma la difficoltà e l’isolamento non sono causa di scoraggiamento: al contrario, sono motivo per fare più sforzi. Ci sono due parole che ho sempre davanti agli occhi: è “in angustia temporum” (Daniele) che è stata ricostruita Gerusalemme; così noi non facciamo le cose che in mezzo agli ostacoli e alle insufficienze; l’altra frase è di San Giovanni della Croce: “Non misuriamo i nostri lavori alla nostra debolezza, ma i nostri sforzi ai nostri lavori”9

[Anche questa volta, le lunghe, monotone marce nel deserto sembrano non affaticare fr. Charles, che, nei tratti in cui non incontra accampamenti o villaggi, si fa sostenere da un “mistero tanto caro”, la fuga in Egitto, di cui fa il suo “modello nei viaggi e nella lontananza”. In quest’occasione, per vincere il senso di vuoto, occupa il tempo facendo un ritiro10. Dopo una buona sosta a Beni-Abbès, dove celebra la Pasqua, rientra a Tamanrasset l’11 giugno 1909.] 

A padre Charles Guérin – Tamanrasset, 29 giugno 1909 – San Pietro e San Paolo

[Comunica al prefetto apostolico il rifiuto dell’abbé Caron di animare e del Vescovo di Viviers di approvare ufficialmente l’associazione. La potrebbe approvare p. Guérin, anche se non ha diocesani da mandare…].

Sono stato portato, chiacchierando con gli indigeni, esortandoli all’amore di Dio, consigliando loro la preghiera, a dar loro una formula di preghiera che è: il rosario, dicendo all’inizio l’atto di carità poi, a tutti i grani, “Mio Dio, ti amo” e, a tutti i grani grossi, “Mio Dio, ti amo con tutto il cuore”, in qualsiasi lingua, ognuno nella sua abituale.

…Oggi è la festa di San Pietro e di San Paolo. Mi è caro scriverle in questo giorno. Non spaventiamoci di nessuna difficoltà: loro ne hanno vinte ben altre e ci sono sempre. Pietro è sempre al timone della barca. Se i discepoli di GESÙ si potevano scoraggiare, quale motivo di scoraggiamento avrebbero avuto i cristiani di Roma, la sera del martirio di tutti e due: che tristezza, e come sarebbe sembrato oscurarsi tutto, se non ci fosse stata nei cuori la fede che c’era. Ci saranno sempre delle lotte e sempre il trionfo reale nella croce e nella sconfitta apparente. Nell’angoscia dei tempi è stata ricostruita Gerusalemme. Preghiamo e soffriamo, come hanno fatto gli apostoli, ed avremo, con le stesse croci, gli stessi successi. Come loro, faremo arrivare il Regno di GESÙ. Così sia!11 ….

A Suor St. Jean du S. CŒUR, Clarissa di Nazareth 12 – Tamanrasset, 2 agosto 1909

Grazie, figliola mia, della sua lettera e delle sue preghiere. Sì, pregherò per suo nipote.

…Prego anche per lei e pregherò col cuore migliore che posso affinché sia e faccia ad ogni momento quello che vuole il CUORE del nostro Sposo. Un’anima cristiana può tanto, soprattutto un’anima religiosa! Unita a Gesù con dei legami così stretti, ricevendoLo così spesso nella Santa Eucarestia! È Gesù che perpetua la sua vita in questo mondo. Tutti i suoi atti, se è fedele, sono atti di GESÙ, che agisce in lei e per lei con la Sua grazia. La sua vita è tutta soprannaturale e divina; entra in possesso dell’onnipotenza del suo Sposo: “chiedete e vi sarà dato”13. Quanto può una tale anima per la salvezza del prossimo! E la salvezza del prossimo (mediante opere diverse, a seconda che viviamo nel mondo o fuori del mondo, da apostoli o da solitari) è l’opera di ogni cristiano come fu l’opera di GESÙ. Ogni anima deve lavorare al lavoro di GESÙ, cioè alla salvezza delle anime. Preghiamo l’uno per l’altra, figliola mia, affinché l’uno e l’altra siamo fedeli all’amore dello Sposo GESÙ – fr. Ch. di Gesù.

[Dal 31 agosto al 12 settembre Charles visita con Laperrine villaggi e accampamenti in un raggio di 120 chilometri e torna a Tamanrasset per la prima volta senza scorta. In settembre scopre l’Assekrem, un altopiano circondato da picchi e rocce di rara bellezza14. L’8 settembre scrive a Massignon per proporgli il lavoro linguistico, archeologico, sociologico, storico dei paesi tuareg, un lavoro che potrebbe durare trent’anni… e lo potrebbe fare come “prete in incognito”15. Intanto i suoi studi sulla lingua tuareg proseguono senza sosta: ha finito la traduzione delle poesie tuareg, ha in cantiere, oltre ai proverbi, testi in prosa e la grammatica, la composizione del lessico tuareg, poi verrà il dizionario tuareg-francese… Ora non rimpiange più il tempo che vi dedica, perché lo ritiene una componente indispensabile dell’evangelizzazione16.

Dal 1909 viene organizzato un servizio postale, che dal marzo 1910 diventa più o meno quindicinale.

Il 1910 è un anno di vuoti. Muore di tifo e di sfinimento a trentasette anni padre Guérin, dopo essere (con le distanze e durezze del deserto) a prendersi cura della comunità di El Golea, disastrata dopo lunghi giorni di pioggia fine che ha fatto crollare diverse case. Costretto a tornare a Ghardaia, vi arriva il 3 marzo percorrendo i 220 km. di deserto in cinque giorni. Si mette a letto il 9 e spira all’alba del 19 marzo… Charles viene a sapere della morte del Prefetto Apostolico e amico il 14 aprile, lo stesso giorno in cui apprende la morte di un altro amico, Lacroix 17.] 

Alla cugina Marie de Bondy – Lunedì di Pentecoste, 16 maggio 1910

È per me una grande perdita quella di p. Guérin; ma non bisogna essere egoisti; è giusto che i santi ricevano la loro ricompensa; era un’anima ammirevole, tutta carità e umiltà. Ciò mi procura certamente una grande pena e mi lascia un grande vuoto: su di lui potevo contare in pieno18. Lo stesso giorno ho appreso della sua morte e della morte di uno dei miei più vecchi amici, un compagno di scuola, il comandante Lacroix che mi aveva reso tanti servizi; era ad Algeri, a capo dei servizi degli uffici arabi, e potevo contare su di lui… Tutti questi vuoti lasciano davanti a me un avvenire che può presentare difficoltà di vario genere. Ma Colui che tutto può è sempre con noi, e non ci mancherà mai.

…Se il nostro Padre [Huvelin] se ne va prima di noi sarà una perdita irreparabile; quando nella vita si è avuto per una volta un Padre come lui, è un beneficio che non si può sperare di ricevere due volte, un beneficio senza uguali. Colui che tanto ci ha sostenuti, guidati, consolati per mezzo suo, ci darò ancora il necessario 20.

A padre Paul Voillard21 – Tamanrasset, 16 maggio 1910

Reverendissimo Padre, il buon Dio ci ha inflitto, a lei e a me, una prova. Lei ha perduto un buonissimo figlio ed io un buonissimo padre…, perduto in apparenza, perché è più che mai vicino a noi… ma non è più quaggiù. Non avrei mai immaginato che forse non mi sarebbe sopravvissuto e mi appoggiavo sulla sua amicizia, come se non mi dovesse mai mancare. Lei sente il vuoto che lascia la sua partenza. GESÙ resta. Sia benedetto in tutto! Sia benedetto d’aver chiamato alla ricompensa il nostro tanto caro padre Guérin! Sia benedetto anche di avercelo prestato durante qualche anno!

Questa partenza imprevista mi fa desiderare con più forza la compagnia di un prete che continui la piccolissima opera iniziata qui: c’è ben poco di fatto. Però il contatto è preso con molti indigeni, la fiducia stabilita, la conoscenza fatta… Chiedo a GESÙ un prete pio e devoto che si metta al corrente dell’opera e la possa continuare, facendo meglio di quel che ho fatto io. Potrebbe vivere accanto a me, vivendo la mia vita o senza viverla. Non chiedo di essere il suo superiore, ma il suo amico, pronto a lasciarlo solo appena sarà al corrente… [Parla della crescente islamizzazione della regione attraverso gli arabi che arrivano coi francesi come militari o interpreti, del tempo quasi interamente dedicato allo studio della lingua tuareg, del piccolo eremo che sta facendo costruire sull’Assekrem, nel cuore delle montagne dell’Ahaggar, dove gli accampamenti sono più numerosi e dove sarebbe più al centro della popolazione].

…Lei sa i miei desideri relativi all’istituzione di una confraternita per la pratica delle virtù evangeliche, la devozione ala Santissimo Sacramento e la conversione degli infedeli; su consiglio di mons. Bonnet, vescovo di Viviers, ho chiesto al Reverendo Padre Guérin di voler far presentare a Roma il progetto, prima di intraprenderne la realizzazione. È stato fatto niente? C’è qualche risposta? Lo ignoro del tutto Le sarei riconoscente di dirmelo.

…Le chiedo una preghiera per il mio direttore don Huvelin; è mio padre da ventiquattro anni; niente potrebbe esprimere cos’è per me, quel che gli devo. Le notizie che mi danno della sua salute sono pietose. Ad ogni posta, temo di apprendere che anche lui ha compiuto il suo tempo d’esilio22

[ Don Huvelin muore il 10 luglio 1910. Alla notizia, che gli giunge il 15 agosto, fr. Charles dirà:” Ci si sente soli al mondo… come l’oliva rimasta sola in cima al ramo, dimenticata dopo la raccolta”23. Nel novembre successivo anche Laperrine, trasferito in Francia, lascia il Sahara e non tornerà prima della morte dell’amico24. Ed è un altro vuoto.]

A Suor Saint-Jean du Sacré CŒUR, Clarissa di Nazareth – 3 dicembre 1910

Grazie, figliola mia, della sua lettera e delle sue fedeli preghiere; ci conto; mi sostengono; nella mia miseria, getto uno sguardo su Santa Chiara di Nazareth, e il pensiero delle preghiere che vi si fanno per me mi dà forza… Come dice, è una grande privazione il non godere mai non soltanto dell’esposizione del Santissimo Sacramento, ma persino della presenza della Santa Ostia nel Tabernacolo25; ma bisogna essere pronti a tutto per l’amore dello Sposo, anche ad essere privati della Sua presenza Sacramentale in questo mondo.

Le raccomando più che mai gli infedeli di questo Sahara. Ora che la loro conoscenza è un po’ fatta, che il loro avvicinamento ha fatto progressi, bisognerebbe essere in molti per approfittare dell’inizio di buone disposizioni e coltivare le anime. Preghi perché il buon Dio mandi degli operai nel suo campo. Desidererei tanto che si stabilisse una confraternita che avesse il triplo scopo della pratica delle virtù evangeliche, della devozione al Santissimo Sacramento e della conversione degli infedeli; le raccomando queste intenzioni… Le virtù evangeliche e il Santissimo Sacramento sono, in fondo, di ogni vita cristiana26, e la conversione degli infedeli, è un dovere che s’impone imperiosamente nel nostro tempo in cui, per la facilità delle comunicazioni e la presenza di colonie di popoli cristiani, li raggiungiamo in ogni punto del globo… Non ci possiamo mostrare tiepidi per la loro conversione senza mancare al dovere d’amare il prossimo come se stesso.

Il buon Dio la guardi, figliola mia, la Santa Vergine e San Giuseppe la tengano tra loro in questa vita e nell’altra. Lo chiedo con tutto il cuore al CUORE di GESÙ con una religiosa devozione. – Fr. Ch. di Gesù.

[Nel 1911 Charles de Foucauld intraprende un secondo viaggio in Francia, partendo da Tamanrasset il 2 gennaio e rientrandovi il 3 maggio. Nel mese passato in Francia, rivede i parenti, molti amici, fa visita a Notre-Dame des Neiges e si occupa soprattutto del suo progetto d’associazione. Durante il viaggio di ritorno, sostando in marzo ad Algeri, sceglie padre Voillard, assistente del superiore generale dei Padri Bianchi mons. Livinhac, come direttore spirituale al posto di don Huvelin.

All’arrivo a Tamanrasset il 3 maggio è commosso dall’accoglienza amichevole dei Tuareg.

A un Trappista interessato alla sua vita, scrive una lettera destinata ad essere letta da altri: sarà la lettera che ispirerà in modo particolare p. Albert Peyriguère negli anni ’20.]

A Padre Antonin27 – Tamanrasset, 13 maggio 1911

…Mi chiede qual è la mia vita: è una vita di monaco missionario fondata su questi tre principi: imitazione della vita nascosta di GESÙ a Nazareth, adorazione del Santissimo Sacramento esposto, insediamento tra i popoli infedeli più abbandonati facendo tutto quel che si può per la loro conversione.

Sono e sono stato sempre solo da dieci anni. Se il buon Dio mi dà dei fratelli, data l’immensa estensione dei paesi infedeli da convertire, è preferibile, per la salvezza delle anime, suddividersi in piccoli gruppi di tre o quattro, il più numerosi possibile, piuttosto che formare dei monasteri più popolati. Salvo rare eccezioni, che non si farebbero che in favore di soggetti eccezionalmente virtuosi, non vorrei altro che dei preti, dei preti eccellenti e d’età già matura.

La vita è una vita monastica …. Il lavoro apostolico, come l’ho fatto finora e come lo vedo oggi, consiste in conversazioni individuali con gli infedeli (e all’occasione con i cristiani); colui che ne ha la responsabilità qui e in questo momento, è come un benedettino incaricato contemporaneamente dei quattro uffici di “portinaio” – addetto agli ospiti – confessore degli stranieri – farmacista; ci potrebbero essere però dei compiti esterni, un inizio di ministero.

Vedo questi insediamenti, questi eremi di tre o quattro monaci missionari come delle avanguardie, fatte per preparare le vie e cedere il posto ad altri religiosi organizzati come clero secolare quando il terreno sarà dissodato.

Confrontando questa vita con quella della Trappa, troverà un’austerità uguale, ma molto più dura per la sua povertà più grande, più dura anche perché il clima è duro e stancante, e l’alimentazione è del tutto diversa da quella dell’Europa: non bisogna pensare d’introdurre qui l’alimentazione europea che sarebbe un lusso costoso, ma vivere di quello di cui si vive nel paese, frumento, datteri, latticini; come vestiario, come abitazione, non troverà altro che quel che c’è di più povero e di più rustico, niente che assomigli alle vesti curate e alle case di Francia; ma assomiglia a quello che potevano essere le vesti e la povera casa di GESÙ a Nazareth. Avrà una vita differente dalla Trappa, nel senso che benché si faccia ogni cosa alla sua ora e secondo una stretta obbedienza, non c’è nessuna di quelle piccole prescrizioni esteriori minuziose della Trappa, ma una vita di famiglia semplicissima. Avrà una vita diversa dalla Trappa nel senso che non c’è nessun ufficio cantato, né messa cantata, né preghiera vocale se non il breviario, ma molta adorazione, orazione, preghiera o lettura silenziosa ai piedi del Santissimo Sacramento. Avrà una vita diversa dalla Trappa nel senso che una parte del tempo consacrato al lavoro manuale povero, se il superiore lo stima utile, potrà essere impiegato dietro suo ordine al lavoro apostolico che vorrà.

Se il buon Dio desse un certo numero di fratelli, si chiederebbero a Roma i voti solenni secondo la Regola di Sant’Agostino, col nome di “piccoli fratelli del Sacro CUORE di GESÙ”.

All’ora presente, sono solo … – fr. Ch. di Gesù (Ch. de Foucauld).28

[Il 5 luglio 1911 Charles sale al nuovo eremo dell’Assekrem, nel cuore del massiccio dell’Hoggar, a 2700 metri, insieme a Ba Hamu, segretario di Musa Ag Amastane, come informatore-interprete, sia per lavorare più alacremente alla lingua, sia per entrare in relazione più profonda con i nomadi allevatori che sono andati a cercare pascoli sulla montagna, data l’estrema siccità. Si tratta di Tuareg di una tribù vassalla, “bravi come i più bravi contadini francesi”, che Charles stima perché laboriosi e buoni, al contrario dei nobili, dediti o alle razzie o all’ozio. Vi fa anche le prime rilevazioni altimetriche e meteorologiche29.]

A Louis Massignon – Assekrem, 3 Dicembre 1911 – Festa di San Francesco Saverio

Carissimo fratello in GESÙ. Ho ricevuto ieri la sua lettera del 26 Ottobre. Stamattina ho celebrato la messa all’intenzione che desidera. Che Francesco Saverio ottenga da GESÙ la grazia tanto desiderata.

Il suo direttore ha agito molto saggiamente costringendola a terminare la tesi e a prendere il titolo di dottore. In sé non è niente, ma a parte la consolazione che ne proverà suo padre, può aprirle – per il bene delle anime – delle porte che, senza quello, le resterebbero chiuse. …Senza dubbio GESÙ non ha bisogno di questi piccoli mezzi, ma non Gli piace d’agire sempre per miracolo; ha fatto bene a desiderare d’entrare fino in fondo nell’abiezione dello Sposo; il suo direttore fa bene a impedirle di respingere ciò che può essere utile alle anime. Se ho potuto fare un po’ di bene, se ho potuto stabilirmi nel Sahara, è, dopo GESÙ, perché sono stato ufficiale ed ho viaggiato in Marocco. Dio prepara le cose da lontano e fa servire alla salvezza i buoni, i cattivi e gli atti che si sono fatti pensando il meno possibile a Lui.

Mi parla del caro e benedetto San Francesco: conosce un librettino in 32°: “La leggenda dei tre compagni” (Vita di San Francesco scritta dai suoi compagni) con la prefazione di don Huvelin30? Il libro e la prefazione sono perfetti; amici di don Huvelin pubblicano, dai suoi appunti e da stenografie, una parte delle conferenze che ha fatto quasi trent’anni fa a Sant’Agostino: sembra di sentirlo, è un’ottima cosa. Non è in vendita…

GESÙ la guardi, le faccia fare la Sua Volontà: unum est necessarium31. Amarlo con tutto il cuore, con tutta la forza, con tutta l’anima, con tutto lo spirito. Per questo, Egli ha detto il mezzo: “chi mi ama, è colui che fa la mia volontà32”.

Prego molto per lei, la penso molto, venga quando vuole, ma il viaggio sia fatto nei limiti che le ho detto come stagione per evitare l’eccesso di caldo durante il viaggio.

Il suo umile servo in GESÙ – fr. Ch. de Foucauld33.

A Henry de Castries – Assekrem, 10 dicembre 1911

…Peccato che la transahariana non è fatta, e lei non può venire in qualche giorno nella bella solitudine dove sono, a dare un po’ di tempo al tu per tu con il Creatore che è il nostro destino eterno! Qui, il mio eremo è su una vetta che domina press’a poco tutto l’Ahaggar, tra montagne selvagge al di là delle quali l’orizzonte, che sembra illimitato, fa pensare all’infinito di Dio. È un bel luogo per adorare, meditare e chiedere grazia, Parce, Domine, parce populo tuo. Non arriva dall’esterno che un’eco lontana di quel che accade: so, senza dettagli, che le nostre truppe sono a Fez e che l’Italia è in guerra con la Turchia. Non ho bisogno di saperne di più, sapendo che bisogna amare tutti gli uomini, pregare per tutti, chiedere per tutti la salvezza.

Le lettere arrivano comunque ogni tanto, e vedo i miei vicini tuareg: vicini nomadi; nei dirupi vicini, c’è qui una tenda, là due, là tre: si tengono dispersi, a causa dei grandi greggi di capre; questi imrad tuareg sono la gente più brava del mondo; si direbbero i migliori dei nostri contadini di Francia; con quasi nessuno spirito religioso né pratica religiosa (non hanno dell’islam che la fede, vaga, senza nessuna istruzione), vivono secondo i lumi naturali e certuni sono anime molto rette.

Sarà dato alle generazioni che ci seguiranno di vedere la massa di queste anime del Nord dell’Africa dire insieme “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo Nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra”, rivolgendosi a Dio come al Padre comune di tutti gli umani fratelli in Lui, chiedendo insieme per loro e per tutti gli umani senza eccezione – amando il prossimo come loro stessi – , non chiedendo altro che beni spirituali, – sapendo che sono l’unico necessario e che il resto è dato in sovrappiù? – Non lo so, è il segreto di Dio: ma è dovere di impegnarvisi con tutte le forze: è la pratica del 2° comandamento, l’amore del prossimo come sé stesso, così simile al 1°, l’amore di Dio al di sopra di tutto34

[Il 13 dicembre 1911, sul punto di lasciare l’Assekrem prima del previsto, essendo lui e il suo “informatore” Ba Hammu affaticati dopo cinque mesi di lavoro intenso e cibo scadente, Charles redige un nuovo testamento, indirizzato al cognato Raymond de Blic. In esso precisa: “Desidero essere seppellito nel luogo stesso dove morrò, e riposarvi fino alla resurrezione. Proibisco che si trasporti il mio corpo e che lo si tolga dal luogo dove il buon Dio mi avrà fatto terminare il mio pellegrinaggio”. Chiede di avvertire, in caso di morte, mons. Bonnet, vescovo di Viviers, e “due amici incomparabili”: Gabriel Tourdes, “amico d’infanzia” e Henri Laperrine 35.

Rientrato a Tamanrasset il 15 dicembre, constata le conseguenze della siccità: “… il latte e la carne mancano da 20 mesi… Molti si nutrono esclusivamente di radici selvatiche…”.  Alla cugina, inquieta per le notizie della guerra Italo-Turca iniziata in ottobre per il possesso della Libia, risponde che la guerra santa predicata dai Turchi e diffusa tra gli Arabi della Tripolitania, non tocca i Tuareg “tiepidi musulmani”, che, del resto gli danno vere consolazioni e con alcuni dei quali ha “vere e serie relazioni d’amicizia”36.

Spera sempre che Massignon lo raggiunga…]

A Louis Massignon – Tamanrasset, 16 gennaio 1912

Carissimo fratello in GESÙ, grazie delle sue lettere dell’11 e dl 9 dicembre. Che GESÙ la guardi! Lo prego per lei; mi unisco a lei all’ora del Veni Creator37 per pregare lo Spirito Santo per tutti gli esseri umani; benedico Dio di averle, attraverso la bocca del suo direttore, accordato la comunione quotidiana38: che GESÙ al quale è unito ogni giorno intimamente viva in lei: non sia più lei che viva, ma Lui che viva in lei.

Troverà qui quello che desidera. Sono in questo momento a Tamanrasset in un insieme di 50 abitazioni di poveri coltivatori, in un eremo a qualche distanza dalle case. All’inizio della primavera, tornerò, per restarvi fino all’inverno, in un eremo solitario dell’Assekrem. Se GESÙ ce la conduce in primavera, la vita che vedo per lei durante l’estate, è una vista monastica e raccolta, di preghiera, d’adorazione e d’umile lavoro manuale, con un po’, molto poco, di lettura della Santa Scrittura, un capitolo al giorno, quanto basta per nutrire la meditazione, e, alla fine dei mesi passati in questa vita da Padre del deserto, un ritiro d’elezione di otto o dieci giorni.

Che Dio, se gli piace mostrarglielo ora, le dia luce su quello che vuole da lei: se non le mostra in anticipo il susseguirsi della sua vita e tutto quello che vorrà da lei in avvenire, le mostrerà per lo meno quello che vuole da lei nel tempo prossimo: basta seguirLo e conoscere in ogni momento la Sua Volontà, che bisogna sempre conoscere in tempo utile: Egli è fedele: “Dio non ci manca mai, siamo noi che gli manchiamo spesso”, dice Santa Teresa.

Sia il benvenuto sempre, a qualunque ora. Sia fatta la Volontà di Dio in lei ora e sempre, sia fatta in tutti gli umano. COR JESU adveniat Regnum tuum!

Preghi per il suo umile servo in GESÙ.  – fr. Charles di Gesù39.

A Louis Massignon – Tamanrasset, 10 marzo 1912

Carissimo fratello in GESÙ, grazie delle sue due lettere del 12 e del 23 gennaio. Mantenga sempre ogni speranza40. Non la fiducia in sé, ma la fiducia in Dio, e la speranza nell’amore di Colui che ci ama di un amore che il nostro povero spirito umano non può comprendere per niente. Caritate perpetua dilexi te, miserans 41. “Molto le sarà perdonato perché ha molto amato… Sarai con me in paradiso… Matteo il pubblicano…Zaccheo…”. La speranza è la fede nella bontà… speriamo sempre tutto… poiché il fondamento della nostra speranza è la bontà divina.

Ma non chieda consiglio per la sua anima che al suo solo direttore, cosa indispensabile per la buona direzione dell’anima e per la sua pace. Quando si confessa a un altro prete, gli dica i suoi peccati e riceva da lui l’assoluzione senza dirgli nient’altro, senza chiedergli nessun consiglio e facendo in fretta. Non chieda consiglio, non parli della sua anima che al suo direttore solo. È una regola assoluta e di sempre.

Lavori sodo alla tesi per finirla, age quod agis. Quando sarà conclusa, lo sposo divino delle anime le darà luci su quello che vuole da lei … mai Dio manca all’uomo.

…Mi chiede cosa penso di Suor Marie de la Croix (Mélanie de la Salette) – Mio carissimo fratello, non ne penso niente, e mi proibisco di pensarne qualcosa. Se Roma prende una decisione a questo riguardo, crederò quello che dirà Roma – Guarderei come una colpa – una colpa di cattivo uso del tempo, di tempo perduro – d’usare del tempo a esaminare questo: quando tante anime non conoscono GESÙ e che ne va della loro salvezza di conoscerLo, in che modo amerei il mio prossimo come me stesso se non usassi tutto il tempo a lavorare a farglielo conoscere?42

[Il 30 marzo 1912 un accordo internazionale pone la maggior parte del Marocco sotto la protezione della Francia: il 30 aprile Lyautey sbarca a Casablanca.]

A Louis Massignon – Tamanrasset, 1° maggio 1912

…Finché dura l’incertezza, è che Dio vuole lo statu quo; è che c’è un periodo di formazione da concludere; quando viene l’ora d’agire Dio dà la luce a tutti quelli che ne hanno bisogno, alla persona e al direttore… Lavori, preghi, soffra, faccia del bene attorno a sé, a quelli che le stanno più vicini… È amando gli uomini che s’impara ad amare Dio. Il mezzo di acquisire la carità verso Dio è di praticarla verso gli uomini. Io non so a cosa Dio la chiama in modo speciale: so benissimo ciò a cui chiama tutti  i cristiani, uomini e donne, preti e laici, celibi e sposati43: a essere apostoli, apostoli con l’esempio, con la bontà, con un contatto che fa bene, con un affetto che esige ritorno e che porta a Dio, apostolo sia come San Paolo sia come Priscilla e Aquila, ma sempre apostolo, “facendosi tutto a tutti per donarli tutti a GESÙ”44… Pace, fiducia, speranza, non ricada su se stesso, le miserie della nostra anima sono un fango di cui bisogna umiliarsi spesso, ma su cui non bisogna sempre averci gli occhi fissi… Bisogna fissarli anche e di più sull’Amatissimo, sulla bellezza, sull’amore infinito e increato, che si degna di amarci… Quando si ama, si guarda ciò che si ama… Quando si ama, ci si dimentica di sé e si pensa a ciò che si ama… Non è amare pensare continuamente che siamo indegni d’amore…Chi ama non vuole pensare ad altro che all’amato e, per l’amato, a quel che ama l’essere amato.

GESÙ la guardi, carissimo fratello in GESÙ, venga il suo Regno, sia fatta la Sua volontà in lei e in tutti. – fr. Ch. de Foucauld45.

A Joseph Hours 46 – Tamanrasset, 3 maggio 1912

…Ogni cristiano deve essere apostolo, non è un consiglio, è un comandamento: il comandamento della carità.

Essere apostolo, con quali mezzi? Con quelli che Dio mette a loro disposizione: i preti hanno i superiori che dicono loro cosa devono fare. I laici devono essere apostoli con tutti coloro che possono raggiungere: i vicini e gli amici anzitutto, ma non soltanto loro, perché la carità non ha confini, abbraccia tutti quelli che abbraccia il Cuore di Gesù.

– Con quali mezzi? Con i migliori, secondo quelli ai quali si rivolgono: con tutti quelli con cui sono in rapporto, senza eccezione, con la bontà, la tenerezza, l’affetto fraterno, l’esempio della virtù, con l’umiltà e la dolcezza che sempre attraggono e sono così cristiane: con alcuni senza mai dir loro una parola su Dio e la religione, pazientando come pazienta Dio, essendo buoni com’è buono Dio, mostrandosi loro fratelli e pregando; con altri, parlando di Dio nella misura in cui sono in grado di accettarlo e, appena hanno in mente di ricercare la verità con lo studio della religione, mettendoli in contatto con un prete scelto molto bene e capace di far loro del bene… soprattutto, bisogna vedere in ogni essere umano un fratello – “Voi siete tutti fratelli, voi avete un solo padre che è nei cieli”47.

– Vedere in ogni essere umano un figlio di Dio, un’anima riscattata dal sangue di GESÙ, un’anima amata da GESÙ, un’anima che dobbiamo amare come noi stessi e per la cui salvezza dobbiamo lavorare. E bisogna bandire da noi lo spirito militante: “Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”48, dice GESÙ… Che distanza c’è tra la maniera di fare e parlare di Gesù e lo spirito militante di coloro che, cristiani o cattivi cristiani, vedono dei nemici da combattere invece di vedere dei fratelli malati che bisogna curare, dei feriti stesi per la strada con i quali essere buoni Samaritani.

Bisognerebbe che i genitori a casa, i preti al catechismo e nelle istruzioni, quanti hanno missione di formare i bambini e i giovani radichino nella mente fin dalla tenera età, tornando incessantemente su di esse, le seguenti verità.

  • Ogni cristiano deve essere apostolo, è un dovere stretto di carità.
  • Ogni cristiano deve considerare ogni essere umano come un fratello amatissimo; se è peccatore, avversario di Dio, è un fratello malato: si deve avere per lui una pietà profonda e dargli cure fraterne come verso un fratello senza senno… I non-cristiani possono essere nemici di un cristiano, un cristiano è sempre tenero amico di ogni essere umano; egli ha per ogni essere umano i sentimenti del cuore di GESÙ.
  • Essere caritatevoli, miti, umili con tutti: è questo che abbiamo imparato da GESÙ. Non essere militanti con nessuno. GESÙ ci ha insegnato ad andare “come agnelli in mezzo ai lupi”, a non parlare con asprezza, con durezza, ad offendere, a prendere le armi.
  • Farsi tutto a tutti per darli tutti a GESÙ49 avendo con tutti bontà e affetto fraterni, prestando tutti i servizi possibili, prendendo con loro contatto affettuoso, essendo fratelli amabili con tutti, per condurre a poco a poco le anime a GESÙ praticando la mitezza di GESÙ.
  • Leggere e rileggere incessantemente il santo Vangelo per avere sempre dinanzi alla mente gli atti, le parole, i pensieri di GESÙ, in modo da pensare, agire come GESÙ, e non gli esempi e i modi di fare del mondo, nel quale ricadiamo così alla svelta appena stacchiamo gli occhi dal Modello divino.

Ecco il rimedio, secondo me. L’applicazione è difficile, perché coinvolge cose fondamentali, la realtà interiore dell’anima. Ma la difficoltà non ci deve fermare: più essa è grande, più dobbiamo metterci con sollecitudine all’opera e impegnarci in essa con tutte le forze. Dio aiuta sempre coloro che lo servono. Dio non manca mai all’uomo; è l’uomo che manca così spesso a Dio! Dovessimo pure non riuscire, non per questo dovremmo lavorare con meno ardore, perché lavorando così non si fa che obbedire a Dio e compiere la sua volontà ben nota50.

[Nel mese di ottobre Charles congeda il suo “informatore di Tuareg” Ba Hamu, avendo ormai concluso il lavoro di base e dovendo ormai solo correggere e copiare 51.]

Al duca Fitz-James52 – Tamanrasset, 11 dicembre 1912

… Che facciamo per l’evangelizzazione del nostro impero nord-ovest africano? Si può dire, niente.

… l’Algeria, la Tunisia e il Marocco (dove ci sono soltanto i cappellani dei consolati) sono interamente abbandonati… È una situazione alla quale sta ai cristiani di Francia di rimediare. È un’opera di lungo respiro, che chiede dedizione, virtù e costanza. Ci vorrebbero dei buoni preti, in numero sufficiente (non per predicare: li riceverebbero come si riceverebbe nei villaggi bretoni dei Turchi che vengano a predicare Maometto, con in più una certa barbarie), ma per prendere contatto, farsi amare, ispirare stima, fiducia, amicizia; ci vorrebbero poi dei buoni cristiani laici dei due sessi, per eseguire lo stesso ruolo, prendere un contatto più stretto ancora, entrare là dove il prete non può entrare affatto, soprattutto fra i musulmani, dare l’esempio delle virtù cristiane,  mostrare la vita cristiana,  la famiglia cristiana, lo spirito cristiano: ci vorrebbero  poi delle buone religiose che curino i malati, e allevino i bambini, molto mischiate alla popolazione, sparpagliate per due o tre, là dove c’è un prete e qualche cristiano… Facendo così, le conversioni, in un termine variabile di tempo, venticinque anni, cinquant’anni, cento anni, verrebbero da sole, come maturano i frutti, a misura che si diffonderà l’istruzione… Ma se questi infelici musulmani non conoscono nessun prete, non vedono, come sedicenti cristiani, altro che degli sfruttatori ingiusti, tirannici, che danno l’esempio del vizio, come si convertiranno? Come non prenderanno in odio la nostra santa religione? Come non saranno sempre più nostri nemici? …

Dopo aver attirato la tua attenzione su questi due punti così gravi, aggiungerò una parola: è che, sia per ben amministrare e civilizzare il nostro impero d’Africa, sia per evangelizzarlo, è prima di tutto necessario conoscere la sua popolazione. Ora, noi la conosciamo estremamente poco.  Ciò dipende in parte dai costumi musulmani, ma è un ostacolo che si può vincere; resta questo fatto deplorevole che ignoriamo, a un grado spaventoso, la popolazione indigena della nostra Africa. Da trentadue anni, non ho quasi lasciato l’Africa del Nord (se non durante dieci anni, dal 1890 al 1900, tempo che ho passato in Turchia d’Asia, Armeni e Terrasanta); non vedo nessuno, né ufficiale, né missionario, né colono o altro che conosca sufficientemente gli indigeni; io stesso conosco passabilmente il mio angolino di tuareg, ma molto superficialmente il resto… C’è un vizio al quale bisognerebbe rimediare: ci vorrebbe per gli amministratori, gli ufficiali, i missionari, un contatto molto più stretto con le popolazioni, dei lunghi soggiorni negli stessi posti (con avanzamenti sul posto per gli amministratori e ufficiali), al fine che conoscano, possano informare esattamente i loro superiori, e che questi conoscano mediante loro 53

A Henry de Castries – Tamanrasset, 8 gennaio 1913

Carissimo amico, mi chiedo dove si trova. Ha fatto in Marocco un breve soggiorno o un lungo viaggio? In qualunque luogo sia, Dio la guardi e le faccia fare del bene! – Santificare il Suo nome, lasciarLo regnare in noi, fare la Sua volontà, e lavorare al fine che gli altri facciano lo stesso, è tutta la vita: sia la vita di noi due!

Ho passato tutto il 1912 qui, in questa borgata di Tamanrasset. I Tuareg sono per me una consolante compagnia; non posso dire quanto siano bravi per me, quante anime rette trovi fra di loro; uno o due tra loro sono veri amici, cosa rara e così preziosa dappertutto.

Penso di venire in Francia quest’estate, e di arrivarci in maggio, prima della partenza per la campagna. Non c’è bisogno di dire che appena a Parigi verrò a trovarla. Può darsi che porti in Francia, per la sua istruzione, quello dei Tuareg che stimo di più e amo di più.

La mia vita è semplice e calma; eppure rimpiango la solitudine dell’Assekrem dove nessun rumore umano sale fino a me. Qui sono il confidente e spesso il consigliere dei miei vicini; so delle cose che fanno soffrire; si soffre di vedere le anime perdersi; si soffre di vedere che il bene non è fatto. Alla gioia della beatitudine infinita di Dio, al gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam, viene a mescolarsi la tristezza delle miserie della terra. Soffro anche come Francese di non vedere i nostri soggetti indigeni amministrati come dovrebbero essere, e di non vedere i cristiani di Francia sforzarsi, non con la forza né la seduzione, ma con la bontà e l’esempio delle virtù, di portare al Vangelo e alla salvezza gli infedeli delle loro colonie d’Africa, figli ignoranti di cui sono i genitori.

Il Nome di Dio dia santificato, venga il Suo Regno, sia fatta la Sua volontà in tutti gli umani!

Con tutto il cuore, lo sa, le sono affezionato e devoto nel Cuore di GESÙ. –  fr. Charles de FOUCAULD54.

[Tra gli amici veri c’è il giovane Uksem, Ag Chikat che, dopo un’adeguata preparazione, nel 1913 Charles porta con sé nel terzo viaggio in Francia, per “istruirlo” e famigliarizzarlo con la realtà francese. Incontra quindi, ancora una volta, tutte le persone che possono interessarsi alla sua “Unione”.

Partiti da Tamanrasset il 28 aprile, vi rientrano il 22 novembre: “un lungo periodo trascorso lontano dalla mia parrocchia e dai miei parrocchiani; parrocchiani musulmani, ma dei quali ci si deve tanto più occupare quanto meno conoscono la verità”55. Charles ha in progetto un altro viaggio per il 1915, ma la guerra lo impedirà e non vedrà più la Francia.

Il 30 giugno incontra a Lione con p. Crozier. Joseph Hours56, presente al colloquio, commenta: “Fondamentalmente il Sig. de Foucauld mi sembra aver perduto l’abitudine della parola, della conversazione e della discussione. È diventato un meditativo del tutto silenzioso”57. Il 2 settembre Charles manca un appuntamento con Massignon e questi vi scorge il segno che le loro sorti divergeranno58. Nel corso di un nuovo incontro a Lione, p. Crozier dà a Charles una lista di ventisei persone che aderiscono all’associazione59. A questo punto Massignon gli scrive che ha deciso di fidanzarsi (con la cugina Marcelle Dansaert), acconsentendo ai desideri della famiglia e d’accordo col direttore spirituale. Charles prende atto con serenità del progetto.]

A Louis Massignon – La Barre – par Ciron (Indre)60, 16 settembre 1913

Carissimo fratello in GESÙ, ricevo la sua lettera. Anch’io le consiglio di prospettare molto seriamente questo matrimonio… L’unica cosa necessaria, l’unica cosa perfetta per noi, è di fare la volontà di Dio qualunque essa sia… Bisogna cercare quel che Dio vuole e farlo… Dio vuole che molti vivano nel matrimonio. Vuole che vi si santifichino, vi si congiungano e si uniscano intimamente a Lui, come Santa Monica, San Luigi, Santa Elisabetta, Santa Francesca Romana, … lo stato più santo, il più bello, il più perfetto, il più desiderabile per noi, è quello che Dio vuole per noi qualunque esso sia. Se Dio la vuole sposato, è che è in questo stato che potrà santificarsi meglio, glorificare meglio il Suo Nome, far venire il Suo Regno in lei e negli altri, compiere la Sua Volontà, quaggiù come gli angeli la compiono in cielo… Com’è grande e bella la vocazione degli sposi che aiutano la loro sposa a camminare nella via verso la beata eternità, che cooperano alla nascita di figlioli dotati d’anima immortale che saranno loro stessi padri di altre anime immortali e che li educano per Dio e per il cielo: questa folla di eletti che sorgono nel susseguirsi dei secoli da un matrimonio cristiano, cittadini non della terra ma del cielo dove adorano eternamente lo Sposo celeste, m’ha spesso rapito d’ammirazione… Le ripugnanze fisiche, le debolezza spariranno. Il Sacramento del matrimonio le darà forze nuove.

Faccia quello che le dirà il suo direttore. Per me, la credo fatto per il matrimonio. Credo che è là che troverà la vita più pura e più unita a Dio – pura della purezza di colei che sposerà, pia della sua pietà, subendo l’influenza purificatrice di un’anima bella, pura e pia – ed è in questa vita che potrà fare il maggior bene agli altri: la sua santificazione e il bene degli altri, è la gloria di Dio, il fine di noi tutti.

Suo fratello che l’ama nel CUORE di GESÙ – fr. Ch. de Foucauld61.

[Durante il cammino di ritorno verso Tamanrasset, Uksem non può fare a meno di constatare la durezza del deserto nei confronti della Francia …]

Al cugino Louis de Foucauld – Dal deserto, 13 ottobre 1913

…Fa caldissimo, il viaggio è duro per la gente e per i cammelli. Uksem esprime benissimo la situazione ripetendo ogni tanto: “Molto sole, molto mosche, molto sabbia, molto pietre, non molto bella strada”. Lo colpiscono il contrasto tra questa desolazione e l’ambiente ombreggiato e le praterie di Francia 62

A Joseph Hours – Tamanrasset, 10 febbraio 1914

…C’è sempre da fare con l’esempio, la bontà, la preghiera, stringendo relazioni più strette con delle anime tiepide o lontane dalla fede per condurle, a poco a poco, a forza di pazienza, di dolcezza, di bontà attraverso l’influenza della virtù più che con dei consigli, ad una vita più cristiana o alla fede, entrando in relazione amichevole, con persone del tutto contrarie alla religione, per fare con la bontà e la virtù, cadere le loro prevenzioni e condurle inclusivamente a Dio…

Bisogna estendere le nostre relazioni con i buoni cristiani, per sostenerci nell’amore ardente di Dio, e con i non praticanti, cercando di avere con loro, non dei rapporti mondani, ma dei rapporti d’affetto cordiale, portandoli ad avere per noi stima e fiducia, e, di lì, a riconciliarsi con la nostra fede. Bisogna essere, in Francia, missionari, come lo siamo in paesi musulmani e questa è opera di noi tutti, ecclesiastici e laici, uomini e donne63

Alla cugina Marie de Bondy – Tamanrasset, 20 luglio 1914

… Non posso dire di desiderare la morte; una volta la desideravo, ma ora vedo che c’è tanto bene da fare, tante anime senza pastore, che vorrei soprattutto fare un po’ di bene e lavorare un poco per la salvezza di queste povere anime. Ma il buon Dio le ama più di me e non ha bisogno di me. Sia fatta la sua volontà 64

A Louis Massignon – Tamanrasset, 22 luglio 1914, festa di Santa Maddalena

Carissimo fratello in GESÙ, grazie della sua lettera del 27 maggio e delle buone notizie sue e della signora Massignon. Sono felice della sua felicità, felice della vita dolce, calma, pia, benefica che fa per l’amatissimo Signore Gesù.

Gioia per me il completamento della sua tesi; gioia quest’articolo sui Padri Bianchi e le missioni cattoliche in terra d’Islam. Questo studio la mette in contatto con i nostri missionari, i loro lavori, e con la questione dell’evangelizzazione delle nostre colonie, che ho tanto a cuore.

Più che mai, nella mia solitudine, penso al nostro dovere di lavorare alla conversione delle nostre colonie; medito una piccola trasformazione della nostra unione di preghiere, senza cambiarne niente quanto al fondo, né in quello che è richiesto, consigliato ad ogni fratello o sorella, ma apportando delle grandi semplificazioni nell’organizzazione, abbreviando gli statuti, non essendo più il collegamento tra i fratelli fatto da preti “direttori locali”, troppo difficili da trovare soprattutto nella qualità voluta e che potrebbero avere la tendenza a sostituirsi al direttore spirituale che deve lui solo mantenere l’autorità, ma diventando un bollettino (mensile se possibile) che istruisca i fratelli sulle nostre colonie, il loro stato, i loro bisogni, i lavori apostolici che vi si fanno, le congregazioni che vi lavorano – bollettino serio, scritto in un tono sempre serio e moderato, che abbia lo scopo di dare ai cristiani seri e colti dei dati veri sulle nostre colonie, su quello che ci si fa e su quello che vi manca come apostolato; interessandoli a questi problemi, spero che si metteranno in relazione con alcuni degli stessi operai apostolici e formeranno un movimento cristiano indirizzato verso le colonie65.

…Capisco benissimo che non trovi, certi giorni, il tempo per 5 decine di rosario, non se ne tormenti, e sostituisca con un atto d’amore e uno sguardo volto all’Amatissimo gli istanti che non ha potuto, in seguito ad altri doveri imposti da Lui, consacrare a Lui nella preghiera… Ma cerchi di trovare il tempo d’una lettura di qualche rigo del Santi Vangeli, prendendone ogni giorno di seguito, in maniera tale che in un certo tempo, passino interamente sotto i suoi occhi e dopo la lettura (che non deve essere lunga, 10,15,20 righe, mezzo capitolo al massimo) mediti per qualche minuto mentalmente o per scritto, sugli insegnamenti contenuti nella sua lettura…. Bisogna cercare di lasciarsi impregnare dallo spirito di GESÙ leggendo e rileggendo, meditando e rimeditando continuamente le sue parole e i suoi esempi: passino nelle nostre anime come la goccia d’acqua che cade e ricade su una pietra, sempre allo stesso posto66.

La mia preghiera è davvero con lei e con la signora Massignon, lo sa. Spero di vedervi tutt’e due tra meno di un anno67. A Dio piacendo, andrò in Francia la primavera prossima e ci passerò tutta l’estate.; il motivo di questo viaggio, che farò solo, senza Tuareg, sarà di diffondere la piccola unione: sarò dunque occupatissimo e viaggerò molto durante questo soggiorno.

…Il nostro giovane amico Uksem ha lasciato Tamanrasset 20 giorni dopo esserci arrivato per andare a sorvegliare a 1.000 km a sud di qui, in pieno Sudan68, le mandrie di cammelle della sua tribù, dato che la siccità non ha lasciato pascoli più vicini (sono 4 anni e 8 mesi che non piove più!); non è ancora di ritorno. In 2 anni, ha passato 2 mesi in famiglia; è sposato da 16 mesi… L’esistenza dei nostri Tuareg assomiglia a quella dei marinai di Francia.

M’impegno sempre con tutte le mie forze ai piccoli lavori di lingua tuareg, avendo fretta di finirli per dare più tempo alla nostra piccola unione e ai Tuareg, ma la fine è lontana69

[La Germania dichiara guerra alla Francia, il 3 agosto 1914. Il 20 agosto 1914 le truppe tedesche invadono il Belgio neutrale. Quello stesso giorno muore papa Pio X e il nuovo papa, Benedetto XV, viene aletto il giorno in cui, il 3 settembre, la notizia della guerra arriva a Tamanrasset.] 

1 “In angustia temporum”, parole di Dn 9, 25 che abbiamo visto già.

2 CS, p. 623-25.

3 Louis Massignon (1883-1962), appassionato del mondo arabo, si era messo in contatto con fr. Charles nel 1906, avendone utilizzato Reconnaissance au Maroc per una sua tesi. Senza fede, dopo anni burrascosi e amori più o meno costanti, sia femminili sia maschili, si era convertito in un momento drammatico, durante una ricerca archeologica in Mesopotamia. Riconoscendo, nella preghiera offerta per lui dal fratello del deserto, un contributo decisivo alla sua conversione, aveva iniziato a corrispondere con lui. Per qualche anno fr. Charles intravide in Massignon il compagno desiderato, il “prete per l’Islam”, e cercò di convincerlo interessandolo alle ricerche sulla storia e cultura Tuareg precedente agli Arabi. Massignon, profondamente inquieto, rimase a lungo incerto sul futuro, finché si decise, come si vedrà, per il matrimonio. La relazione con fr. Charles fu di tale importanza per Massignon, che egli si sentì investito di un ruolo speciale dopo la sua morte, fece di tutto per trasmetterne il messaggio, affidando a René Bazin l’impegno della prima biografia (pubblicata il 14 settembre 1921).

5 Frase citata a memoria da San Giovanni della Croce, ripetuta con qualche variante in diverse occasioni.

6 Lettres et carnets, Seuil, Paris 1966, p. 205-209.

7 Con l’amico islamista ama usare espressioni arabe tipiche, come questa “se Dio vuole” o “come vuole Dio”. Si ricordi l’importante corrispondenza intrattenuta con Henry de Castries, a partire dal 1901.

8 Lo ritiene necessario, cf. CS, 919.

9 LHC, p. 182-183.

10 LMB, p. 154 e 155.

11 CS, p. 689-90.

12 Questa e le lettere successive alle Clarisse sono tradotte dall’originale in possesso alle Clarisse di Nazareth.

13 Mt 7, 7.

14 Cf. LMB, p. 157; CS, p. 693.

15 Cf. AAD, p. 61-65.

16 Cf. CS, p. 702.

17 Cf. CS, p. 705.

18 Non avrà lo stesso rapporto privilegiato col successore, p. Bardou.

20 LMB, p. 160-161

21 Padre Voillard (1860-1946), maestro dei novizi e poi consigliere generale, conosciuto nel 1901, diventerà direttore spirituale di fr. Charles dal marzo 1911, dopo la morte di don Huvelin.

22 CS, p. 842-844.

23 LMB, p. 163. Scriverà a Massignon che don Huvelin è stato cosciente sino alla fine e che le sue ultime parole sono state: Amabo nunquam satis”, non amerò mai abbastanza (AAD, p. 83). Le stesse parole riecheggeranno nell’ultima lettera alla cugina il 1° dicembre 1916.

24 Cf. B, p. 333.

25 Nel 1908 aveva ottenuto il permesso di celebrare la messa da solo, ma, come si è visto, non quella di conservare l’Eucarestia., che gli venne concessa solo nel 1914, mentre non ebbe mai il permesso di esporla.

26 Non era corrente all’epoca attribuirle a tutti i cristiani.

27 Charles non conosceva di persona questo trappista di Notre-Dame des Neiges, che però gli aveva fatto sapere il suo interesse.

28 CCDP, p. 379-381. Comincia a scrivere nome e cognome anche con i Trappisti.

29 Cf. LMB, p. 167. Vedi anche FD, p. 272.

30 Si era fatto mandare questo libretto, con un’introduzione di don Huvelin, da sua cugina, mentre era ancora trappista e studente di teologia a Roma (CPRD, p. 9). Charles aveva fatto conoscere a Massignon don Huvelin nel 1909, e questi in seguito, aveva consigliato al giovane, studioso di Al Hallaj, un’opera di Fr. von Hügel sulla mistica. Massignon, “molto a destra, come ogni neoconvertito” (ADD, p. 55), lo trovò però “modernista”. Effettivamente Huvelin, molto colto e intelligente, si trovò vicino, anche come confessore, a personalità considerate “moderniste”.

31 Lc 10, 42: una cosa sola è necessaria.

32 Cf. Gv 14, 15.21, citato a senso.

33 AAD, p. 115-116.

34 LHC, p. 192-193. Gli imrad erano una tribù vassalla di pastori.

35 VN, p. 203-207.

36 Cf. LMB, p. 173 e175; cf. CS, p. 859. In tutto ha passato all’Assekrem cinque mesi. In seguito, l’eremo non reggerà alle intemperie e già nel 1914 sarà in rovina.

37 Lo recitava tre volte al giorno, come del resto prescrivevano le Costituzioni dei Piccoli Fratelli e in particolare il Direttorio (art. XI).

38 Solo a partire dal 1905, per debellare i residui di rigore giansenistico, Pio X aveva raccomandato la comunione frequente per tutti, abbassando contemporaneamente l’età della prima comunione.

39 AAD, p. 117-118.

40 Mentre Charles confessava il suo passato solo per cantare le misericordie di Dio, in stile agostiniano, e consapevolmente si volgeva “soltanto a Colui che è tutto” (LMB, p. 92), Massignon era ancora ripiegato su di sé, tormentato dai sensi di colpa e dalle tentazioni, sentendosi incapace di amare “con purezza”. Cf. AAD, p. 123.

41 Ger 31, 3. Il v. completo della Vulgata è: Caritate perfecta dilexi te ideo adtraxi te miserans.

42 AAD, p. 124-125.

43 Questo tema della chiamata missionaria per tutti non era frequente all’epoca.

44 Cf. 1Co 9,22. Tema, quello del “farsi tutto a tutti”, molto caro a fr. Charles, e, in seguito, a p.s. Magdeleine di Gesù.

45 AAD, p. 127-128. In questi ultimi anni si comincia a firmare anche de Foucauld e nelle ultime lettere toglierà anche il fr. o fratel.

46 Questo commerciante di Lione (1851-1918), laico impegnato e interessato al problema dell’apostolato dei laici, si confessava da don Crozier (senza esserne discepolo) e questi nel 1911 lo mise in contatto con fr. Charles. Dal 1911 al 1916, intrecciarono una corrispondenza degna d’attenzione sul senso e la concretizzazione dell’apostolato alla “Priscilla e Aquila”. Le 24 lettere di Charles de Foucauld a Joseph Hours sono state pubblicate nei Cahiers Charles de Foucauld, n. 13-16 (1949), la presente nel n. 14.

47 Mt 23, 8-9.

48 Mt 10, 16.

49 1Cor 9, 22.

50 Lettera famosa, citata per vari brani, ripresa dai Cahiers Charles de Foucauld n. 14.

51 Il 7 gennaio 1913, presentando il bilancio del suo lavoro all’editore prof. Basset di Algeri, comunica che ha pronti da copiare: il lessico abbreviato, il lessico dei nomi propri, il dizionario tuareg-francese, i testi in prosa, i testi in versi e i proverbi. Ma aggiunge: “Quanto ho fatto, non fa altro che mostrare quanto ci sia da fare e che resta da fare tutto” (FD, p. 128).

52 Amico di gioventù, collega del 4° Reggimento Ussari nel 1879 a Pont-à-Mousson, col quale ha ripreso contatto dopo venticinque anni, che rivedrà in Francia e sarà uno dei 49 iscritti all’Unione.

53 B, p. 349-350.

54 Cf. LHC,  p. 196-197.

55 LMB, p. 179.

56 Cf. FD, p. 133.

57 Cf. FD, 133.

58 Cf. AAD, p. 147-149.

59 Cf. LMB, 26.

60 Si tratta della residenza estiva della cugina Marie de Bondy.

61 AAD, p. 150. Massignon invierà l’adesione all’Unione dei fratelli e sorelle del S. Cuore il 14 ottobre 1913. Si sposerà a Bruxelles il 27 gennaio 1914, cercando di andare in viaggio di nozze da fr. Charles, ma le autorità militari lo fermeranno a Tuggurt. Cf. AAD, p. 160-61.

62 G. Gorrée, Sur les traces du Père de Foucauld, La Colombe, Paris 1953, p. 258. Musa Ag Amastane aveva fatto un’osservazione ancora più forte a Charles nel 1910, dopo la visita ufficiale in Francia con Laperrine, confrontando le case e i giardini di sua sorella con Tamanrasset: “E tu, tu sei a Tamanrasset come el meskin”, ossia il povero per eccellenza, di cui si ha compassione (cf. B, p. 335).

63 Charles indica lo stesso stile di missione per chi parte e per chi resta nel paese d’origine, come Hours. Cf. Lettres et carnets, cit., p. 211.

64 LMB, p. 194.

65 Spiega in dettaglio il formato, il modo di iscriversi, ecc., senza fare in ogni caso né collette né questue, nel desiderio che se ne occupi lo stesso Massignon.

66 Massignon aveva citato questo paragrafo sulla meditazione del Vangelo nella presentazione della prima edizione del Directoire, il testo del 1909-1913, che Foucauld intendeva correggere e semplificare ulteriormente.

67 La guerra e poi la morte di fr. Charles lo impedirà.

68 Corrisponde all’attuale Mali e Niger.

69 AAD, 165-167. Per i lavori di lingua, ormai è al punto di “copiare in bella copia”, in vista della pubblicazione, le ricerche di anni.

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