Vivere il Vangelo a Cuba nelle relazioni quotidiane con la gente.
Marcelo, in visita ai fratelli di Holguin (nella parte orientale di Cuba) ci parla di Enrico e di Humberto, sostenuti ed incoraggiati dalla grande prossimità dei loro vicini e vicine. Ci parla poi della vita ad Hindaya, il quartiere illegale di L’Avana dove la fraternità c’è da 25 anni: ora i fratelli ed i vicini sono gradualmente trasferiti dall’autorità municipale in un altro quartiere ancora in costruzione. E’ come una pagina di Vangelo vissuto…
di Marcelo
Mi trovo ad Holguin per un a quindicina di giorni per mantenere i legami tra le nostre due fraternità e anche per accompagnare, per qualche giorno, i nostri due fratelli più anziani, Enrico ed Humberto. Ne approfitto per darvi qualche notizia. Malgrado l’età, la loro presenza nel quartiere è molto apprezzata e assai vivace, le visite dei vicini non mancano mai. I fratelli hanno spesso aiutato parecchi vicini a sopravvivere in situazioni difficili. La loro amicizia con il vescovo e con tanti cristiani della città, ma anche con la piccola comunità che si riunisce nel quartiere vicino alla fraternità danno un rilievo particolare alla loro partecipazione alla vita della Chiesa locale.
Enrico non esce molto da casa, ma l’ho trovato in gran forma. Humberto continua con le sue scorribande nel quartiere anche se la sua salute non è proprio brillante! Vale la pena di accompagnarlo, senza aver fretta, per conoscere tutta quella gente.
Il quartiere si è sviluppato gradualmente: l’elettricità, l’acqua, gli ambulatori medici ecc. Ma la vita quotidiana resta difficile per la maggior parte della gente, e tutte le viuzze che serpeggiano per il quartiere sono veramente in uno stato pietoso. Nel corso degli anni si è sviluppata tutta una rete di relazioni e di amicizie, di condivisione e di mutuo sostegno. Per una trentina d’anni i fratelli hanno aiutato, accompagnato e condiviso; oggi sono i vicini e le vicine che sovente devono dare loro una mano, accompagnandoli, dando loro il coraggio e il gusto di vivere. Non è infatti sempre facile accogliere e accettare certe povertà, debolezze e malattie che ci cascano addosso con l’avanzare degli anni! Eppure, nessuno può sfuggire a questa situazione!
Ciò che mi sembra molto bello è che, grazie ai vicini e alle vicine, grazie a tanti amici , i nostri due fratelli, per il momento, possono vivere questa tappa dell’ “invecchiamento” nel loro quartiere. Sono veramente fortunati! Sì davvero, anche se qualche volta le difficoltà, i problemi ed i rancori si danno l’appuntamento, come in ogni vita ed in ogni quartiere di questo mondo!
Rientro a L’ Avana da Holguin: 770 km in 12 ore di autobus; il trasporto è buono ma a volte è difficile trovare il posto.
Qualche mese fa abbiamo traslocato in un nuovo appartamento con tre camere, assegnatoci dal comune di Marianao. Il nuovo quartiere, che è confinante, si costruisce lentamente per dare un nuovo alloggio a tutti gli abitanti di Indaya. Ci ritroviamo quindi con gli stessi vicini. Metà del quartiere ha già traslocato: ma i lavori vanno avanti molto a rilento!
E’ un “avvenimento” per tutti. Molti riescono ad acquistare dei mobili, delle tende per le finestre. Tutti si scambiano gli “auguri” per la nuova vita. Impossibile non partecipare alla gioia di tutti, dopo tanti anni di lotte e di vita in cattive condizioni.
Per noi si tratta di un cambiamento enorme. Abbiamo lasciato la casetta al bordo del rio così capriccioso! Sovente la casetta veniva inondata dal basso e dall’alto, ma essa aveva il suo fascino, il suo piccolo orto e tutta una rete di relazioni umane tipiche del quartiere, illegale certo, ma assai vivo, anche se tutto era illegale e precario: la casa, l’acqua, la luce, la strada dove piccoli e grandi giocavano, i lavori saltuari, le piccole “attività” di qualsiasi genere, e…la lotta per trovare da vivere! Non possiamo dimenticare questi 25 anni vissuti ad Indaya. Abbiamo ricevuto tantissimo, abbiamo imparato e apprezzato tante cose e ne abbiamo anche sopportate altrettante…
Non dimenticherò mai il giorno in cui ho chiesto ad un gruppo di vicini che conoscevo, se accettavano di accoglierci per vivere con loro. «Si» hanno risposto. Ed io allora: «Perché?» – «Perché la Chiesa è potente e con una Chiesa nel quartiere, non potranno smantellare il quartiere!». Questa fu la risposta: «Venite con noi». Da parte nostra abbiamo cercato di mettere le cose in chiaro: prima di tutto la Chiesa non è così potente a Cuba; ma soprattutto…perché pensare ad una grande chiesa se voi non andate mai in chiesa! Era sufficiente una piccola casa accogliente e aperta a tutti per condividere e vivere il Vangelo, con una piccola cappella dove ciascuno poteva venire a pregare quando voleva. Una cosa era chiara: soltanto insieme, uniti e solidali, noi avremmo potuto sopravvivere in quel quartiere e, forse, un giorno partire insieme per una sistemazione migliore , con delle case migliori. Eravamo tutti illegali, senza indirizzo riconosciuto, immigrati dall’interno dell’isola e c’erano anche dei bambini nati nel quartiere. Abbiamo creato un Comitato in difesa della Rivoluzione (CDR). E, miracolo!, fu ufficialmente riconosciuto! Le donne hanno creato la Federazione delle donne. Queste due organizzazioni sono formidabili, anche se non funzionano granché; e sono sempre state al nostro fianco!
Abbiamo vissuto dei periodi di grande crisi: la caduta del Muro di Berlino e dell’URSS, che per noi hanno dato inizio al così detto “Periodo Speciale”, con penurie terribili di ogni genere.
La popolazione del quartiere era giovane e povera. Mancava quasi tutto, ma essi avevano la loro cultura, la loro fede, la loro religione, i propri codici di onore, il loro amore e rispetto per i bambini. Quante volte abbiamo visto i genitori portare i loro figli in braccio, al mattino perché non camminassero nel fango e arrivassero puliti a scuola! (La gente usciva con i sacchetti di plastica ai piedi per proteggere le scarpe dal fango…).
Mi ricorderò sempre le parole che dicevano coloro avevano la fortuna di trovare un lavoretto in nero o un nuovo “affare”: «Datemi la vita». In pochi giorni tutto il quartiere era al corrente e si aveva la sensazione di vivere tutti un po’ meglio. Tutto questo non è forse più umano dei grandi slogans capitalistici? Mi è anche impossibile dimenticare l’accoglienza e l’aiuto per migliorare e riparare la casa con del materiale di recupero per renderla più accogliente; e quel ragazzino che un giorno arriva e molto seriamente mi dice: «Ehi, signore, voglio essere vostro amico; è possibile?».
Certamente non tutto è stato gradevole e la vita può essere, a volte, dura e crudele. Abbiamo perso qualche attrezzo che avevamo imprestato e che non è mai più tornato indietro; che delusione! Abbiamo perso degli amici carissimi in risse violente e stupide; che impotenza! E che impotenza anche davanti ai giochi d’azzardo dove certuni perdono anche ciò che non hanno, o davanti ai «prestiti “colpo di bastone”» (si tratta di prestiti ad interesse molto alto e a brevissima scadenza!), che moltiplicano la miseria; o davanti all’alcoolismo che distrugge il meglio di una persona e causa tante sofferenze!
Sofferenza e gioia erano sovente intrecciate, ma quando le si vivono da fratelli, sono più facili da portare. Il popolo cubano ha una riserva immensa di tenerezza e di affetto con le quali crea relazioni di amicizia e di fraternità.
In questo piccolo quartiere la speranza ha sempre prosperato. Molte parole di Gesù e del Vangelo sono diventate vita per noi. Abbiamo potuto vedere coi nostri occhi intorno a noi numerose scene evangeliche e a volte noi stessi ne eravamo gli attori.
La presenza di Gesù tra i poveri emarginati ci deve interrogare tutti: si tratta di una presenza reale e può ancora illuminare il mondo. La loro attenzione alla vita, la loro libertà davanti a tutti i potenti, il loro senso della festa, il loro immenso rispetto dei piccoli, è il messaggio comune in un mondo alla ricerca di senso e di fraternità! Ma cosa sono effettivamente per me, per noi?
Per concludere mi vengono in mente due slogan politici. Abitualmente si tratta di slogan orribili ma qualche volta però sono rivelatori: uno, indirizzato ai giovani, diceva: “Prima di tutto ciò che è mio!”… Ne conosciamo il risultato e le conseguenze. L’altro, molto attuale, dice: “Il mio Nord è il Sud”. Certo, noi tutti sappiamo chi e come vive il Nord, e chi e come vive il Sud!
(Dopo la pubblicazione di questo diario, Enrique di Holguin di cui si parla all’inizio, è deceduto. Humberto resta nel quartiere, sempre sostenuto dai suoi vicini!)
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Last Updated: 28 Novembre 2018 by Redazione
Vivere il Vangelo a Cuba nelle relazioni quotidiane con la gente.
Marcelo, in visita ai fratelli di Holguin (nella parte orientale di Cuba) ci parla di Enrico e di Humberto, sostenuti ed incoraggiati dalla grande prossimità dei loro vicini e vicine. Ci parla poi della vita ad Hindaya, il quartiere illegale di L’Avana dove la fraternità c’è da 25 anni: ora i fratelli ed i vicini sono gradualmente trasferiti dall’autorità municipale in un altro quartiere ancora in costruzione. E’ come una pagina di Vangelo vissuto…
di Marcelo
Mi trovo ad Holguin per un a quindicina di giorni per mantenere i legami tra le nostre due fraternità e anche per accompagnare, per qualche giorno, i nostri due fratelli più anziani, Enrico ed Humberto. Ne approfitto per darvi qualche notizia. Malgrado l’età, la loro presenza nel quartiere è molto apprezzata e assai vivace, le visite dei vicini non mancano mai. I fratelli hanno spesso aiutato parecchi vicini a sopravvivere in situazioni difficili. La loro amicizia con il vescovo e con tanti cristiani della città, ma anche con la piccola comunità che si riunisce nel quartiere vicino alla fraternità danno un rilievo particolare alla loro partecipazione alla vita della Chiesa locale.
Enrico non esce molto da casa, ma l’ho trovato in gran forma. Humberto continua con le sue scorribande nel quartiere anche se la sua salute non è proprio brillante! Vale la pena di accompagnarlo, senza aver fretta, per conoscere tutta quella gente.
Il quartiere si è sviluppato gradualmente: l’elettricità, l’acqua, gli ambulatori medici ecc. Ma la vita quotidiana resta difficile per la maggior parte della gente, e tutte le viuzze che serpeggiano per il quartiere sono veramente in uno stato pietoso. Nel corso degli anni si è sviluppata tutta una rete di relazioni e di amicizie, di condivisione e di mutuo sostegno. Per una trentina d’anni i fratelli hanno aiutato, accompagnato e condiviso; oggi sono i vicini e le vicine che sovente devono dare loro una mano, accompagnandoli, dando loro il coraggio e il gusto di vivere. Non è infatti sempre facile accogliere e accettare certe povertà, debolezze e malattie che ci cascano addosso con l’avanzare degli anni! Eppure, nessuno può sfuggire a questa situazione!
Ciò che mi sembra molto bello è che, grazie ai vicini e alle vicine, grazie a tanti amici , i nostri due fratelli, per il momento, possono vivere questa tappa dell’ “invecchiamento” nel loro quartiere. Sono veramente fortunati! Sì davvero, anche se qualche volta le difficoltà, i problemi ed i rancori si danno l’appuntamento, come in ogni vita ed in ogni quartiere di questo mondo!
Rientro a L’ Avana da Holguin: 770 km in 12 ore di autobus; il trasporto è buono ma a volte è difficile trovare il posto.
Qualche mese fa abbiamo traslocato in un nuovo appartamento con tre camere, assegnatoci dal comune di Marianao. Il nuovo quartiere, che è confinante, si costruisce lentamente per dare un nuovo alloggio a tutti gli abitanti di Indaya. Ci ritroviamo quindi con gli stessi vicini. Metà del quartiere ha già traslocato: ma i lavori vanno avanti molto a rilento!
E’ un “avvenimento” per tutti. Molti riescono ad acquistare dei mobili, delle tende per le finestre. Tutti si scambiano gli “auguri” per la nuova vita. Impossibile non partecipare alla gioia di tutti, dopo tanti anni di lotte e di vita in cattive condizioni.
Per noi si tratta di un cambiamento enorme. Abbiamo lasciato la casetta al bordo del rio così capriccioso! Sovente la casetta veniva inondata dal basso e dall’alto, ma essa aveva il suo fascino, il suo piccolo orto e tutta una rete di relazioni umane tipiche del quartiere, illegale certo, ma assai vivo, anche se tutto era illegale e precario: la casa, l’acqua, la luce, la strada dove piccoli e grandi giocavano, i lavori saltuari, le piccole “attività” di qualsiasi genere, e…la lotta per trovare da vivere! Non possiamo dimenticare questi 25 anni vissuti ad Indaya. Abbiamo ricevuto tantissimo, abbiamo imparato e apprezzato tante cose e ne abbiamo anche sopportate altrettante…
Non dimenticherò mai il giorno in cui ho chiesto ad un gruppo di vicini che conoscevo, se accettavano di accoglierci per vivere con loro. «Si» hanno risposto. Ed io allora: «Perché?» – «Perché la Chiesa è potente e con una Chiesa nel quartiere, non potranno smantellare il quartiere!». Questa fu la risposta: «Venite con noi». Da parte nostra abbiamo cercato di mettere le cose in chiaro: prima di tutto la Chiesa non è così potente a Cuba; ma soprattutto…perché pensare ad una grande chiesa se voi non andate mai in chiesa! Era sufficiente una piccola casa accogliente e aperta a tutti per condividere e vivere il Vangelo, con una piccola cappella dove ciascuno poteva venire a pregare quando voleva. Una cosa era chiara: soltanto insieme, uniti e solidali, noi avremmo potuto sopravvivere in quel quartiere e, forse, un giorno partire insieme per una sistemazione migliore , con delle case migliori. Eravamo tutti illegali, senza indirizzo riconosciuto, immigrati dall’interno dell’isola e c’erano anche dei bambini nati nel quartiere. Abbiamo creato un Comitato in difesa della Rivoluzione (CDR). E, miracolo!, fu ufficialmente riconosciuto! Le donne hanno creato la Federazione delle donne. Queste due organizzazioni sono formidabili, anche se non funzionano granché; e sono sempre state al nostro fianco!
Abbiamo vissuto dei periodi di grande crisi: la caduta del Muro di Berlino e dell’URSS, che per noi hanno dato inizio al così detto “Periodo Speciale”, con penurie terribili di ogni genere.
La popolazione del quartiere era giovane e povera. Mancava quasi tutto, ma essi avevano la loro cultura, la loro fede, la loro religione, i propri codici di onore, il loro amore e rispetto per i bambini. Quante volte abbiamo visto i genitori portare i loro figli in braccio, al mattino perché non camminassero nel fango e arrivassero puliti a scuola! (La gente usciva con i sacchetti di plastica ai piedi per proteggere le scarpe dal fango…).
Mi ricorderò sempre le parole che dicevano coloro avevano la fortuna di trovare un lavoretto in nero o un nuovo “affare”: «Datemi la vita». In pochi giorni tutto il quartiere era al corrente e si aveva la sensazione di vivere tutti un po’ meglio. Tutto questo non è forse più umano dei grandi slogans capitalistici? Mi è anche impossibile dimenticare l’accoglienza e l’aiuto per migliorare e riparare la casa con del materiale di recupero per renderla più accogliente; e quel ragazzino che un giorno arriva e molto seriamente mi dice: «Ehi, signore, voglio essere vostro amico; è possibile?».
Certamente non tutto è stato gradevole e la vita può essere, a volte, dura e crudele. Abbiamo perso qualche attrezzo che avevamo imprestato e che non è mai più tornato indietro; che delusione! Abbiamo perso degli amici carissimi in risse violente e stupide; che impotenza! E che impotenza anche davanti ai giochi d’azzardo dove certuni perdono anche ciò che non hanno, o davanti ai «prestiti “colpo di bastone”» (si tratta di prestiti ad interesse molto alto e a brevissima scadenza!), che moltiplicano la miseria; o davanti all’alcoolismo che distrugge il meglio di una persona e causa tante sofferenze!
Sofferenza e gioia erano sovente intrecciate, ma quando le si vivono da fratelli, sono più facili da portare. Il popolo cubano ha una riserva immensa di tenerezza e di affetto con le quali crea relazioni di amicizia e di fraternità.
In questo piccolo quartiere la speranza ha sempre prosperato. Molte parole di Gesù e del Vangelo sono diventate vita per noi. Abbiamo potuto vedere coi nostri occhi intorno a noi numerose scene evangeliche e a volte noi stessi ne eravamo gli attori.
La presenza di Gesù tra i poveri emarginati ci deve interrogare tutti: si tratta di una presenza reale e può ancora illuminare il mondo. La loro attenzione alla vita, la loro libertà davanti a tutti i potenti, il loro senso della festa, il loro immenso rispetto dei piccoli, è il messaggio comune in un mondo alla ricerca di senso e di fraternità! Ma cosa sono effettivamente per me, per noi?
Per concludere mi vengono in mente due slogan politici. Abitualmente si tratta di slogan orribili ma qualche volta però sono rivelatori: uno, indirizzato ai giovani, diceva: “Prima di tutto ciò che è mio!”… Ne conosciamo il risultato e le conseguenze. L’altro, molto attuale, dice: “Il mio Nord è il Sud”. Certo, noi tutti sappiamo chi e come vive il Nord, e chi e come vive il Sud!
(Dopo la pubblicazione di questo diario, Enrique di Holguin di cui si parla all’inizio, è deceduto. Humberto resta nel quartiere, sempre sostenuto dai suoi vicini!)
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