Un racconto di Taher
19/02/2025
Notizie
Ripensando alle sue letture e alla sua esperienza di vita condivisa con i suoi vicini, Taher, della fraternità di Tamanrasset, in Algeria, ci offre alcune riflessioni su quei “movimenti” che sono sorti anni orsono in diverse parti del mondo: è utopistico credere che si possa combattere la corruzione, la menzogna e le disuguaglianze?
Ho appena finito di leggere l’ultimo libro di Amin Maalouf intitolato “Il naufragio delle civiltà”. La sua idea centrale, credo, è che il 1979 e gli anni che seguirono, siano stati segnati in tutto il mondo da “rivoluzioni conservatrici” che hanno messo al potere i ricchi a scapito dei poveri, e che hanno esacerbato le “identità assassine” a scapito della fraternità umana. Lascia poche speranze per la civiltà o semplicemente per l’umanità.
Nello stesso periodo ho fatto un piccolo viaggio che merita un breve resoconto. Sono stato invitato al matrimonio di due giovani donne Tuareg nella borgata di Tin-tarabine. I due sposi provenivano dal villaggio di Tazrouk (dove ho vissuto per tanti anni). Facevo parte del corteo di uno degli sposi. Riguardo al corteo, ogni auto partiva quando voleva, a condizione di ritro- varsi tutti in un certo punto del deserto per la cena preparata dal gruppo di servizio. Ci sono volute tra le quattro e le sei ore di brutta pista per le 25 auto 4x4 del nostro corteo (ce n’erano altrettante nel corteo dell’altro sposo). Ogni proprietario di auto, per l’occasione, metteva a disposizione il proprio veicolo gratuitamente, e ognuno contribuiva in base alle proprie possibilità. (Una gran signora tuareg aveva offerto un cammello che faceva parte del viaggio). In totale c’erano alcune centinaia di persone (tanti uomini quante donne). Ce n’erano di tutte le categorie etniche, dai nobili Tuareg agli ex schiavi, dei neri, dei bianchi, dei cristiani (io), ma tutti della stessa lingua tuareg. Dopo una serata di festa e una notte sotto le stelle, e mentre sta- vamo sorseggiando un buon tè sotto i raggi del sole che sorgeva, il responsabile del viaggio, un ex schiavo analfabeta che vive con la sua magra pensione e il cui figlio (lo sposo) vende sigarette sul marciapiede, dice pubblicamente qualche parola: «In questo genere di spedizioni ci sono due tipi di persone che a me non piacciono molto: quelli che tengono il rosario in mano, perché non prestano attenzione alle istruzioni del viaggio, e quelli che invitano alla preghiera, perché siamo stanchi e abbiamo bisogno di dormire». Ho dato una gomitata al mio vicino di destra perché era lui che aveva svegliato tutti alle 5:30 del mattino, ma non ci fu nessuna reazione.
Poi tutti hanno indossato gli abiti da cerimonia per fare l’ingresso nella borgata in festa. Non mi soffermerò sul matrimonio in sé che ci ha tenuto occupati fino al mattino seguente. Infine, c’è stato il ritorno, questa volta con le due spose e le loro accompagnatrici. Siccome la pista di andata era sembrata troppo mal messa, gli autisti hanno preferito prenderne un’altra (160 km invece di 100). Ci sono volute 24 ore.

Quanto a me, mi sono dissociato un po’ dal gruppo perché verso mezzogiorno siamo passati presso un accampamento dove un uomo di Tazrouk, da poco sposato con una giovane don- na del posto, mi ha invitato a fermarmi a casa loro fino al giorno successivo. Sono stati momenti indimenticabili insieme al vecchio Khama e attorno al fuoco acceso dove bolliva il tè. Khama è cieco da circa dieci anni e ha bisogno di parole chiare per sapere cosa sta succedendo intorno a lui. Questo non è in linea con la cultura Tuareg che ama dire le cose in modo velato (come gli uomini che si velano il volto).
Così, quando un uomo è apparso improvvisamente dal nulla, gli ha chiesto:
« – Da dove vieni?
– Da qui vicino...
– Ti chiedo da dove vieni!»
C’è stato anche un bello scambio sul ruolo della donna perché le donne sanno tutto e gestiscono
tutto, dal momento che si occupano delle capre e vanno a prendere l’acqua al pozzo, ma sono troppo discrete su quello che hanno visto.
Gli uomini si coprono il volto. Le donne sanno tutto e gestiscono tutto. Vedo ancora il mio caro Khama con alle spalle il grande massiccio granitico del Serkout, davanti a lui il magnifico deserto disseminato di acacie, di cui lui non vedeva nulla, che all’improvviso mi dice: «Sì, sono felice».
Tutto ciò che ho visto e sentito in quei giorni contraddice per molti aspetti il libro di Amin Maalouf. Eppure, tutto questo è utopistico perché questa civiltà Tuareg è in procinto di essere distrutta; infatti (per fare solo un esempio) i bambini sono a scuola nel villaggio e i giovani all’università. Sono felici di tornare in vacanza in questi luoghi, ma non sanno più riconoscere la traccia del cammello del loro padre né i buoni pascoli per le capre. Allora perché dovrei interessarmi di loro?
La parola utopia mi ricorda ciò che sta succedendo un po’ ovunque su questa terra, da circa un anno: tutti quei “movimenti” che sorgono in Algeria, in Libano, a Hong Kong, in Francia, in Cile e certamente in molti altri paesi, tutti quei giovani che si danno da fare per salvare il nostro pianeta, e tutti coloro che a loro rischio e pericolo difendono i migranti. Tutti vogliono combattere i “sistemi” emersi dalle “rivoluzioni conservatrici”, lottare contro la corruzione, la menzogna, le disuguaglianze (senza che la religione - stranamente – dica qualcosa). Tutto questo mi ricorda un libro di cui ho ritenuto solo il titolo: “L’utopia o la morte” (di René Dumont). Sì, è proprio così: l’utopia o la morte del nostro mondo. È come la lotta del piccolo Davide con la fionda contro l’enorme Golia super armato, o semplicemente come quel bambino nato in una mangiatoia di cui si dice: «Oggi è nato per voi il salvatore del mondo». Ma allora, tutto questo riguarda l’andamento del nostro mondo o l’avvicinarsi del Regno? O le due cose insieme? È necessario avere la fede per capire cosa sta succedendo? «E come mai questo tempo non sapete valutarlo?» (Luca 12,56). La Chiesa non ha forse un’enorme responsabilità in tutto questo? e ciascuno di noi, può dire di trovarsi in quel “posto migliore” scelto da Maria?
«Sono venuto a portare un fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato e come sono angosciato finché non sia compiuto!» (Luca 12 49- 50).
Taher