Inviati dalla Chiesa

I Piccoli Fratelli sono consapevoli che la loro vocazione è un dono di Dio che essi ricevono nella Chiesa. E’ la Chiesa che approva il loro modo di vivere il Vangelo, riceve i loro voti e li rende partecipi della sua missione universale.

Uniti totalmente a Cristo “che ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei”, i fratelli cooperano, attraverso la fedeltà alla loro vita contemplativa, alla crescita invisibile del Regno di Dio tra gli uomini.

La loro vita interamente donata a Dio nella consacrazione all’amore di Gesù e degli uomini, deve rendere le loro fraternità un segno vivo della Sua Presenza e del Suo Amore misericordioso.

La Chiesa ci invia in mezzo alla gente “non per essere loro pastori o guide, ma per essere semplicemente loro fratelli” (Costituzioni)

"I Piccoli Fratelli di Gesù vivono la loro vita contemplativa condividendo, come Gesù a Nazareth, la vita e la condizione sociale di quelli senza nome e senza influenza nel mondo. Questa “vita di Nazareth” è il cammino della loro unione a Dio e della loro amicizia con gli uomini" ( Costituzioni )

Questo modo di vivere la vita consacrata è il nostro contributo alla diversità della vita delle Chiese locali con le quali noi vogliamo camminare.

Inviati dalla Chiesa "La nostra vita è contemplativa perché non ha altro fine che l’imitazione di Gesù a Nazareth. Non siamo chiamati ad isolarci dal mondo, come ci si ritira in un monastero, al contrario, ci immergiamo interamente al punto che un tale “amore contemplativo verrà raggiunto non solo nel contatto con gli uomini, ma per mezzo di questo contatto stesso" ( R. Voillaume 'Come loro' )

Inviati dalla Chiesa

Come Piccoli Fratelli di Gesù, ci sentiamo in sintonia con Papa Francesco che – alla fine dell’enciclica “Fratelli tutti” – dice quanto Charles de Foucauld lo abbia ispirato nello scriverla. Infatti, al seguito di Fratel Charles, il carisma che anima la nostra Fraternità ci porta ad identificarci con gli ultimi.

Ecco i due ultimi paragrafi di questa enciclica:

"In questo spazio di riflessione sulla fraternità universale, mi sono sentito motivato specialmente da San Francesco d’Assisi, e anche da altri fratelli che non sono cattolici: Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e molti altri. Ma voglio concludere ricordando un’altra persona di profonda fede, la quale, a partire dalla sua intensa esperienza di Dio, ha compiuto un cammino di trasformazione fino a sentirsi fratello di tutti. Mi riferisco al Beato Charles de Foucauld." ( n°286 )

"Egli andò orientando il suo ideale di una dedizione totale a Dio verso un’identificazione con gli ultimi, abbandonati nel profondo del deserto africano. In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello, e chiedeva a un amico: «Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese».(n°287)Voleva essere, in definitiva, «il fratello universale».[288] Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti. Che Dio ispiri questo ideale in ognuno di noi. Amen."

Vogliamo condividervi anche altre due testimonianze per noi importanti:

Di Mons. G.B. Montini – Vescovo di Milano e futuro Papa Paolo VI

Inviati dalla Chiesa Essi vanno ai margini delle organizzazioni esistenti, delle città già costruite, delle civiltà già sviluppate per farsi "silenziosi ed umili pionieri dell'amore cristiano". Questo istinto di evangelizzazione umile è oggi l'ideale dei discepoli di Charles de Foucauld e costituisce il loro carisma religioso.
Essi sono fuori dai sentieri comuni per conservare la tradizione evangelica, non indossano un abito particolare per rivestirsi di quello del loro duro lavoro e della povertà; lasciano le comunità ben organizzate e impersonali, per costituirsi in piccoli nuclei di amici che lavorano, pregano e vivono insieme; rifiutano qualsiasi distinzione esteriore per assimilarsi alle classi sociali dove hanno scelto di vivere.
Essi fanno del distacco, dell'umiltà e della pazienza, uno strumento di predicazione silenziosa, una possibilità di amicizia e di apostolato, ma soprattutto essi mantengono nell'intimo del loro cuore e nell'ambito delle loro povere abitazioni, un'assidua e ardente spiritualità di contemplativi e di adoratori da cui traggono protezione e rifugio contro la società marcata dalla perdita dei valori morali e forza e capacità di irradiare l'ineffabile profumo di Cristo

Di Giovanni Paolo II: 1985 in visita alle Piccole sorelle di Gesù a Roma

"Voi volete dare una testimonianza nel silenzio, volete testimoniare Gesù Cristo, la grandezza e la piccolezza di Dio,…voi offrite questa testimonianza senza parole! (…) Ho pensato molte volte al problema che mi poneva la vostra identità e il vostro apostolato.
Qualche volta mi sono persino chiesto, 'Perché non parlano?'.
Ma ora comprendo sempre di più che ciò è giusto e, perfino, necessario – nella grande ricchezza e varietà di vocazioni nella Chiesa – avere una vocazione assolutamente essenziale, questa vocazione della 'PRESENZA', per testimoniare la verità e la realtà di Dio che non può esprimersi con alcuna parola umana.
Per questo è un modo eccellente quello di esprimerla senza parole, tacendo, nel silenzio e nella contemplazione, nella adorazione e nell'amore.
Con queste mie parole desidero dare conferma alla vostra vocazione nella Chiesa, voglio ritrovarla nella Chiesa e dirvi che essa è autentica, attuale e necessaria"